Umbria: abitare in un’abbazia del IX Secolo

Terenzio e Fidenzio: con due nomi così non potevano che essere martiri.
La leggenda ci racconta che i due, siriaci, nell’anno 303 partirono da Roma per diffondere il cristianesimo ma “in Civitate Martana Tuderto proxima”, vale a dire a Massa Martana presso Todi, vennero catturati e uccisi. Ciao.I loro corpi vennero sepolti segretamente nel luogo dove nell’XI Secolo venne edificata la chiesa, e da questa traslati nel 1629. Non potendo essere sepolti a Roma lo furono a Bassano di Orte. Come si dice: o Roma o Orte.
Che noia queste storie di santi beati martiri, ogni buco di paese italilandese si caratterizza per averne almeno una, con reliquia annessa, unitamente ad una citazione a Garubbaddu, che dormì ovunque per l’equivalente di almeno 72 dei suoi 75 anni di vita.
Ma a noi non interessa, perché per la modica somma di 181.050 euro salvo incrementi d’offerta potremmo abitare, in quel di Massa Martana, proprio nel complesso abbaziale dedicato ai due santi martiri.
Un’occasione, soprattutto se pensiamo che solo tre anni fa la stessa unità immobiliare veniva offerta in asta a non meno di 417.882,50 euro, come da perizia redatta dall’allora CTU.
No, che noi sappiamo nei tribunali è stato introdotto di tutto, ma non i black friday. Succede semplicemente perché i compratori disertano le aste, talvolta in quanto convinti ad andare al mare o nel Paese dei Balocchi da monellacci non compratori, un po’ come la storia di Lucignolo con Pinocchio, con la variante che gli aspiranti compratori potrebbero sentirsi rivolgere, sottovoce e con tono insinuante accompagnato da sorriso a 96 denti, l’avvertimento che i tribunali possono essere posti pericolosi e mal, malissimo, frequentati, e che sarebbe un peccato se accadesse qualcosa di sgradevole a loro o ai loro familiari.
“Ma i miei familiari non frequentano i tribunali!”
“Ci perdoni, è un eccesso di prudenza, ma lasci fare: è un mondo difficile e non si può mai sapere.”
Andando deserte le aste, il giudice dispone uno o più ribassi, del sesto, del quinto o di una misura superiore in casi particolari. E intanto le morte stagioni, e la presente e viva e il suon di lei, trascorrono. Non invano, ove portano a maturazione succosi frutti immobiliari a prezzo stracciato.
Per converso, ci è accaduto di ricevere proprio in questi giorni una segnalazione dal Tribunale di Parma relativamente ad un fabbricato collabente sito in Roccabianca, il paese del papà di Don Camillo, che valutammo 36.400 euro e che andò in asta, puntualmente deserta, il 19 marzo 2014 a base 50mila.
La segnalazione riguarda un’esperimento che avrebbe dovuto tenersi nel marzo prossimo: sospeso perché il fabbricato è crollato.
Torniamo alla nostra abbazia.Caratteri ascrivibili al Secolo VII, formanti l’indicazione Beatus Fidentius et Terentius hic requiescunt, i beati Fidenzio e Terenzio riposano qui, ed incisi su una pietra della cripta, lasciano supporre che l’edificazione originaria riguardasse un oratorio, sul quale nel IX o X Secolo venne eretto l’attuale complesso, utilizzato da una comunità benedettina, l’Ordine fondato nel 529 a Subiaco, che vi rimase sino al XIV Secolo.
Colpisce la facciata in travertino, severa e spoglia, realizzata in pietre squadrate e provvista di un portale con arco a tutto sesto ed alta lunetta completamente privo di decorazioni scultoree.
Sopra il portale si apre la tipica bifora umbra a due rincassi con colonnina in pietra squadrata.
Sulla sinistra del corpo si eleva la torre campanaria, a sezione quadrata ma poggiante su una base dodecagona, elemento presente ad Amelia e ad Orvieto.
L’interno è ampio e si caratterizza da un soffitto a capanna rinforzato da arcate gotiche e rivestito con piastrelle decorate, riportanti alcuni stemmi, tra i quali l’unico identificato è quello dei Colonna.
Il fondale del presbiterio presenta tre finestre a feritoia strombata ed è decorato da numerosi frammenti scultorei altomedioevali, esito di un evidente reimpiego, secondo alcuni studiosi risalente al XIII Secolo.
Oltre a rozze figure umane, i bassorilievi raffigurano rose e decorazioni che ricordano il nodo di Salomone.Due stretti passaggi conducono alla cripta tricora, estremamente suggestiva ed il cui sviluppo planimetrico ad arnica è scandito da una colonna centrale in marmo grigio con notevole capitello ionico, mentre due colonne laterali in travertino sorreggono un magistrale incrocio di volte rinforzate diagonalmente da sottarchi.
L’aspetto esteriore del corpo esterno all’abbazia la rendono simile ad una villa padronale di campagna. Il fabbricato si articola intorno ad un vasto cortile rettangolare sulla destra della chiesa.
L’unità immobiliare in analisi, situata ai piani terreno, primo e secondo sottotetto risulta censita in catasto al Foglio 20 particella 182 sub 4 categoria A/3 classe 2 vani 10,5 e tutto il complesso ricade nell’area di PRG definita Zona Agricola.
La struttura condivide con l’adiacente abbazia una muratura perimetrale dove è situata, all’interno del piano primo, una finestra monofora dell’abbazia stessa.Il complesso è stato interessato da lavori di ripristino e consolidamento ex-L.R. 30/98 conseguenti al sisma del 1997, beneficiando il 19 aprile 2014 di un contributo comunale pari a € 203.168,67 e nel medesimo anno venendo sottoposto a procedura esecutiva, iscritta al numero 199/2014.
L’importo di 181.050 a base d’asta – 203.168,67 di contributo erogato = un saldo negativo di – 22.118,67, indicato in quanto il termine ultimo per il completamento dei lavori, fissato per il 3 settembre 2016 e non rispettato, prevede la restituzione del contributo erogato.
I lavori, da tempo sospesi, prevedevano il rinforzo delle fondazioni con cordolo in cemento armato, interventi di cuci-scuci e chiusura di nicchie sulle murature per ristabilire la continuità, il consolidamento dei solai a volta e la demolizione e ricostruzione di quelli piani e relativa copertura con struttura in legno e pianellato, cerchiatura in acciaio delle aperture.
Al completamento mancano pavimenti e relativi massetti, rivestimenti, intonaci e tinteggiature, oltre agli impianti idrico, termico ed elettrico (per i quali non è stato depositato il progetto), infissi e serramenti interni ed esterni.
Relativamente al rifacimento di parte della copertura, intervento autorizzato con PdC 18/14 ed esulante dal contributo concesso, è stata eseguita solamente la demolizione del tetto, lasciando solai e murature privi di una copertura provvisoria: ciò ha comportato notevoli infiltrazioni d’acqua con conseguente ammaloramento delle parti strutturali.
La scadenza per il lavori non soggetti a contributo venne fissata per il 15 maggio 2017 relativamente al primo PdC e per l’8 giugno 2018 per il secondo. Non essendo state presentate varianti ed essendo anzi i lavori interrotti, le opere sono già da ora da considerare difformi e sanzionabili, anche penalmente.Ciò premesso l’unità si eleva su tre livelli estendendosi per complessivi 312,27 m2 netti calpestabili ed è formata, al piano terra, da due camere, bagno, lavanderia, cantina e fondi; al piano primo da soggiorno, cucina, due camere, bagno, scala di accesso al piano superiore; al piano secondo sottotetto da tre camere e un bagno, attualmente classati come soffitte.
L’immobile sarà presentato in asta il 4 aprile prossimo alle ore 14:30 presso il tribunale di Spoleto, l’importo a base d’asta è di € 181.050,00 con offerta minima non inferiore a € 135.787,50 e rilancio minimo pari a € 1.500,00.
Il termine per la presentazione delle offerte, cauzionato con il 10 per cento del prezzo offerto, è fissato entro le ore 12:00 del 3 aprile 2019.
A nostro parere sussistono i presupposti per una trattativa a saldo e stralcio, posto di riuscire ad essere ricevuti dall’ente creditore.
E, in tale evenienza, suggeriremmo di lasciare a casa l’auto, sia per difficoltà a trovare parcheggio sia perché viviamo in un mondo strano, dove non è impossibile che, mentre ci si trova in trattativa, ignoti ragazzacci annoiati taglino le gomme, mettano olio dei freni o acido cloridrico e zucchero nel serbatoio, o compiano altri scherzi da buontemponi.

Alberto Cazzoli Steiner

Complesso agrituristico a Terranova Bracciolini

Originariamente denominato Castel Santa Maria, Terranuova Bracciolini fa parte delle opere difensive fiorentine dette Terre Murate.
In provincia di Arezzo, sorge a 156 metri di altitudine nel Valdarno superiore, lungo la destra orografica dell’omonimo fiume. Conta poco più di 12mila abitanti ed è meta di un discreto flusso di turisti attratti dalla conformazione medioevale del borgo antico, o che vi stabiliscono la propria base per visitare agevolmente Firenze e la Valdarno, piuttosto che Siena o il Casentino, spingendosi sino a La Verna e a Caprese Michelangelo. La sua particolarità gastronomica consta di un particolare tipo di fagiolo, detto zolfino.In questa località è in vendita mediante esecuzione un complesso già adibito ad agriturismo, in buone condizioni strutturali, con necessità di revisionare gli impianti idraulico ed elettrico e sostituire le caldaie per la produzione di riscaldamento ed acqua calda sanitaria.
È costituito da un corpo principale a due piani fuori terra e da due corpi accessori oltre a depositi, locali tecnici e magazzini per una superficie commerciale complessiva di 3.706,09 m2 (2.298 dei quali costituiti da resede).
Il terreno circostante, per una superficie complessiva di 62.776,00 m2 è in parte a pascolo, parte ad orto e parte a vigneto ed uliveto.A fronte di un valore effettivo prossimo a 250 mila euro, e considerando la necessità di investire non meno di 135.000 euro per opere di sistemazione, adeguamento tecnico, riqualificazione degli spazi e rifacimento parziale della pavimentazione, è possibile valutare la possibilità di una trattativa a saldo e stralcio con l’ente creditore, suscettibile di ridurre sensibilmente il prezzo di cessione.Le offerte dovranno essere presentate entro le ore 13:00 del 3 settembre, prossimo, la vendita avrà luogo il giorno successivo alle ore 09:00. Per informazioni inviare email con messaggio privato.

ACS

Mattoni in fango: Sanaa non soccombe alla guerra ma rinasce nel segno della tradizione

Riprendiamo questo interessantissimo articolo pubblicato dall’architetto Maria Laura Leo su Architettura Ecosostenibile. Le immagini a corredo provengono dall’articolo citato.Sanaa: la tradizione dei mattoni in fango non si arrende alla guerra
La guerra è un mostro infernale capace di distruggere tutto: oggetti, persone e sentimenti rimangono schiacciati sotto il peso della violenza manovrata da spietati interessi economici. C’è qualcosa, però, che è capace di resistere anche a questo turbinio di cattiveria che, ormai, si sta abbattendo su ogni angolo del mondo. Stiamo parlando di una tradizione costruttiva che ha attraversato secoli di storia e proprio non vuole arrendersi alla follia dell’uomo contemporaneo. È quello che sta succedendo a Sanaa, nello Yemen, quotidianamente vessato dalla guerra civile, in cui le tradizionali case a torre costruite con i mattoni di fango sembrano proprio non voler abbandonare il paesaggio del Paese.
Sanaa, la città che non vuole morire
Sanaa è la capitale dello Yemen e, oggi, è la dimostrazione più evidente di quanto gli yemeniti e le loro città non intendano cedere al braccio della guerra abbandonando le loro tradizioni secolari.
La sua fondazione risale a circa 2.500 anni fa, facendole meritare il primo posto del podio su cui salgono le città più antiche del mondo ancora abitate.
Sanaa si suddivide in due zone, al Jadid, di più recente costruzione, e al Qadeemah, centro storico della città e uno dei maggiori nuclei di diffusione dell’Islam nel settimo secolo. Con le sue 103 moschee e i 14 hammam di costruzione precedente all’undicesimo secolo, dal 1986 è patrimonio dell’Unesco e mostra con orgoglio il suo inconfondibile skyline. O, almeno, lo mostrava.
Oggi, infatti, a causa della guerra civile che si è abbattuta sul paese e dei bombardamenti aerei, di molti edifici storici non rimane che un cumulo di macerie, costituite da frammenti di mattoni di fango essiccati che, per secoli, hanno costituito l’identità edilizia di un’intera nazione.
Di fronte a questo desolante scenario gli yemeniti hanno deciso che la loro città dovesse tornare quella di una volta. E si sono rimboccati le maniche.
Le case in fango: la tradizione a cui non si vuole rinunciare
Nonostante il clima di forte tensione politica, economica e sociale in cui versa lo Yemen, gli abitanti di Sanaa hanno dimostrato e continuano a dimostrare grande tenacia, immensa pazienza e forte determinazione. Il loro motto è “Quello che la guerra distrugge, l’uomo ricostruisce“.
Grazie all’impegno di chi si è fatto depositario e traghettatore di una tradizione millenaria, i cumuli di macerie che si innalzano come colline in mezzo alla pianura per le strade della capitale sono stati rimossi e le case-torri che tradizionalmente hanno definito il paesaggio della città sono state ricostruite.
Le case-torri sono state realizzate in funzione delle necessità delle famiglie che le abitavano e si sono rivolte verso l’alto man mano che le generazioni si sono moltiplicate e il fabbisogno di alloggi è aumentato.
La maggior parte di questi edifici risale al XVI secolo. I tradizionali mattoni in fango yemeniti venivano posizionati su basamenti in pietra e sovrapposti in filari che raggiungevano fino a 30 metri di altezza per nove piani di abitazioni. Le porte e le finestre erano decorate con motivi che dominano in tutto il paese e che, con il loro carattere tipicamente orientale e islamico, rappresentavano un tratto distintivo della città e dell’intero Yemen.La ricostruzione: gli yemeniti ripartono dal passato
Nonostante lo scenario apocalittico di fronte al quale gli yemeniti si trovano ogni giorno, un team di operai, supervisionato da Alì al-Sabahi, si sta impegnando a ricostruire gli edifici distrutti ricorrendo alla tecnica originaria con l’intenzione di far vivere ancora a lungo una tradizione millenaria e di trasmetterla ai posteri.
La preparazione dei mattoni di fango segue il processo tradizionale, che consiste nell’amalgamare le materie di base (argilla, fango, paglia e sterco di animale) prima di far asciugare il composto al sole per diversi giorni. Il passaggio successivo consiste nell’imprimere la tradizionale forma quadrata, che si ottiene attraverso l’utilizzo di appositi stampi.
I mattoni così ottenuti vengono infornati e fatti cuocere ad alte temperature per un periodo di tempo piuttosto lungo.
Terminata la cottura, gli elementi possono essere utilizzati in edilizia e andare a comporre le pareti delle tradizionali case-torri.
I mattoni in fango e l’impegno sociale: un lavoro per chi ha perso tutto
In un contesto bellico come quello dello Yemen, offrire un’occupazione a chi, nella vita, ha perso praticamente tutto costituisce un impegno sociale di notevole importanza.
Sono molti, infatti, gli operai che hanno avuto la possibilità di sostenere la propria famiglia grazie all’opportunità offerta dal lavoro come operaio. Gli yemeniti che si impegnano nella ricostruzione, infatti, ricevono un salario mensile e non hanno necessità di acquisire qualifiche o certificati particolari. Tutto ciò che viene richiesto ai costruttori, la maggior parte dei quali è molto giovane, è di avere muscoli a sufficienza e di aver ereditato la conoscenza della tecnica da qualche antenato.La tradizione costruttiva dello Yemen, una bellezza senza fine
Pier Paolo Pasolini, in occasione delle riprese del documentario “Le mura di Sana’a”, aveva definito la capitale yemenita “una Venezia selvaggia sulla polvere, senza San Marco e senza la Giudecca: una città-forma, una città la cui bellezza non risiede nei deperibili monumenti, ma nell’incomparabile disegno”. Oggi, grazie all’impegno degli operai del fango, questo disegno resiste ancora e le case-torri continuano rinascere, come delle fenici, dalla polvere e dalla distruzione.
Il color ocra ambrato delle mura, le decorazioni orientaleggianti, la tradizione che vive nel tempo e la forza di chi ha perso tutto ma trova il coraggio di rimettersi all’opera per lasciare qualcosa ai propri figli hanno un fascino unico, che pochi posti nel mondo riescono a trasmettere e che va ben oltre la semplice bellezza architettonica.

Maria Laura Leo / Architettura Ecosostenibile

Case a un euro, e non solo

RAP 2018.06.28 Caseuneuro 002Affittare o acquistare fari, torri, edifici costieri in disuso, bonificare aree dismesse e restaurare stazioni impresenziate: se non vi è l’intento speculativo può costituire una notevole risorsa sociale e di salvaguardia del territorio.
Ma, prima di entrare in argomento, è d’uopo una battuta: un caro amico senegalese, allorché Montagnadizucchero propose la banda larga come mezzo risolutore dei problemi africani, mi confidò che, non esistendo più da tempo immemore i cannibali nel Continente Nero, gli Africani ringraziavano ma non avrebbero saputo cosa farsene dell’arrivo di bande musicali composte da ciccioni.
Trovo la battuta applicabile alle località italiane, particolarmente a quelle vocate al turismo ed a rischio di abbandono, per le quali vale quanto cantò De Andrè in Bocca di Rosa: si è scoperta l’ecosostenibilità – vale a dire i buoni consigli – quando, dopo decenni di speculazione selvaggia, non è rimasto praticamente più nulla da ecosostenere.
Nel frattempo sono emersi due fenomeni: da una parte l’intento centrale e locale di fare cassa alienando qualsiasi cosa demaniale o pubblica possa essere alienata, dalle aree coltivate e incolte alle spiagge, dagli immobili alle pertinenze ferroviarie fino ai pali della luce; dall’altra la trasformazione in ciclovie dei sedimi ferroviari grazie ad un concetto miope ed ignorante di ecosostenibilità e mobilità.
Giusto per dare un po’ di numeri: l’Italia è un Paese chiave in materia di patrimonio culturale: sono 51 i siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità, e 52 di questi stanno allegramente andando in malora. Ecco: se una battuta simile l’avesse scritta o pronunciata Chesterton piuttosto che Totò sarebbe stata geniale, la scrivo io e sono certo che mi prendo del pirla… E io la scrivo ugualmente.
Da alcuni anni certe amministrazioni locali propongono, al prezzo simbolico di 1 euro, l’acquisto di immobili generalmente da ristrutturare situati in borghi a rischio di abbandono.
Iniziamo però dalle stazioni ferroviarie impresenziate: sono circa 1.700 e il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane ne concede alcune in comodato d’uso gratuito od in locazione agevolata ad associazioni ed enti territoriali perché possano avviarvi progetti sociali con positive ricadute locali: unità di soccorso o protezione civile, gruppo alpini, centri culturali piuttosto che di yoga, persino una casa di accoglienza per famiglie con bambini affetti da malattie oncologiche come accaduto a Ronciglione.
344 di queste, per una superficie pari a circa 21.228 m3, sono state assegnate con spese di ripristino a totale carico degli utilizzatori. A garanzia dell’effettuazione dei lavori è stata richiesta una fideiussione.
L’ edificio recuperato, se prossimo o inserito all’abitato, torna a costituire una presenza sul territorio e non è più esposto ad atti vandalici, degrado, bivacco di sbandati.
Sul sito di Trenitalia sono pubblicati l’elenco delle disponibilità, le condizioni e la modulistica per inoltrare le richieste.
Relativamente alla nostra attività professionale ci siamo occupati della ex-Stazione di Tai di Cadore, lungo la dismessa Ferrovia delle Dolomiti cessata nel 1964: il fabbricato, realizzato in muratura di pietrame con tetto con struttura portante in legno a padiglione e manto in scandole di acciaio, si sviluppa su due piani fuori terra e sottotetto per complessivi 145 m2 ed è privo di impianti tecnologici. Il prezzo richiesto era di 45.000 e l’immagine a corredo è esplicativa dello stato.RAP 2018.06.28 Caseuneuro 001Ci siamo occupati anche di un edificio non ferroviario in senso stretto bensì di un villaggio operaio, sempre più esposto alle conseguenze dell’abbandono, utilizzato per alloggiarvi le maestranze impegnate nella costruzione della ferrovia Direttissima Bologna – Firenze, inaugurata nel 1933. La località è Ca’ di Landino, in provincia di Bologna (9 settembre 2016, Mappare l’abbandono).
Pur con il supporto finanziario e l’appoggio della Comunità Montana e dell’Alma Mater, la prestigiosa università felsinea, presentammo e discutemmo il 26 febbraio 2013 un progetto di recupero finalizzato a trarne un complesso residenziale in cohousing ed un centro per lo sviluppo di attività artigianali con inclusione di portatori di disagio sociale. La proposta rimase lettera morta, sembrava anzi che dessimo fastidio a certe istituzioni, ed alle loro conventicole che si arrogano il diritto insindacabile di stilare classi di merito, assegnare immobili di proprietà pubblica e dirottarvi fondi.
E passiamo alle case.
Nel maggio scorso, nel comune di Borgomezzavalle, in Valle Antrona, un’area montana nella provincia Verbano – Cusio – Ossola è stata venduta per il controvalore di 1 euro un’abitazione da ristrutturare, con l’obiettivo di porne in vendita una seconda entro qualche mese sino ad arrivare ad un complesso assommante una decina di unità. Lo scopo è quello di contrastare lo spopolamento della montagna.
Altre iniziative, va detto con scarsissimo successo tranne alcune in Sardegna perché anche i più ecosostenibili disdegnano dieci minuti di mulattiera a piedi per arrivare a casa, sono in corso in varie parti della Penisola. Ma le case abbandonate riscuotono da almeno un decennio l’attenzione degli investitori, anche stranieri.
Una ricerca Cescat, Centro Studi Casa Ambiente e Territorio, di Assoedilizia, ne ha censite oltre due milioni, abbandonate e disabitate, spesso collabenti, prevalentemente ubicate in campagna, collina e media montagna. Sono baite, cantoniere, casali, cascinali, casolari, casupole, rocche, ville rustiche e persino antiche magioni ed immobili del demanio civile e militare, non infrequentemente in posizioni panoramiche privilegiate.
La maggior parte risulta censita al catasto e, in caso di permanenza dell’abbandono, dovrebbe esservi stralciata. Vi è infatti una curiosa discrepanza tra gli immobili censiti al catasto, 31,5 milioni, e quelli rilevati dall’Istat in relazione all’ultimo censimento, 28,5, ai quali vanno sommati 1,5 milioni di immobili abusivi.
Il quadro completo della situazione si ha tenendo conto anche delle abitazioni rurali ed ex rurali – circa 870mila – iscritte al catasto terreni e non a quello fabbricati. Gli immobili abbandonati e disabitati, sono dunque una realtà significativa ed un valore aggiunto del territorio.
Numerose amministrazioni comunali sono propense a liberalizzare permessi, autorizzazioni e concessioni, purché la finalità riporti alla salvaguardia del territorio e, per parte nostra, auspichiamo che vengano istituiti incentivi, non solo nel senso delle agevolazioni procedurali, ma anche in termini di premi volumetrici, per coloro che promuovano operazioni di recupero del patrimonio edilizio abbandonato.
E oltre alle case ci sono anche le isole, ma di questo parleremo un’altra volta.

Alberto C. Steiner

ECOnomy: Consulenza. Naturalmente.

Efficienza energetica ed impatto ambientale: tutti ne parlano, poiché è trendy affermare che il nostro Paese si trova in modo sempre più insostenibile sotto la spada di Damocle della dipendenza da fonti fossili provenienti dall’estero per il proprio fabbisogno energetico.
Consulenti, movimenti e persino – anche qui – facilitatori sono spuntati come funghi: tutti dichiarano di essere in grado di gestire, promuovere, istruire e via enumerando le pratiche per l’ottenimento di finanziamenti e contributi bancari e pubblici agevolati o a fondo perduto destinati alla realizzazione di impianti per il contenimento energetico e la produzione destinata ad uso proprio o alla cessione.CC RAP 2015.03.30 Comprar casa evitando 003ECOnomy non ne parla e non promette: se ne ricorrono i presupposti fa, fornendo consulenza specializzata per chi attua investimenti finalizzati all’abbattimento dell’impatto ambientale: smaltimento rifiuti, depurazione acque, trasporti ecocompatibili, fonti energetiche rinnovabili, bioedilizia, coltivazioni speciali, autoproduzione di energia elettrica e biogas.
Intendiamoci: ECOnomy non ha accesso né a soluzioni finanziarie o procedurali miracolose né a corsie preferenziali maleolenti di sponsor politico o corruzione. Le leggi che regolamentano il settore sono identiche per tutti, fatte salve particolarità in ambiti regionali o locali, e gli istituti di credito hanno conseguentemente strutturato prodotti che, nello spirito delle leggi, sono pressoché uguali quanto a spread, tempi di dilazione, valutazione del merito creditizio, tipologia di intervento.economy-378x378ECOnomy nasce come marchio di CESEC, Centro Studi Ecosostenibili, per dedicarsi allo sviluppo di progetti in grado di contribuire alla salvaguardia dell’ecosistema, e la sua consulenza finalizzata va oltre i confini della realtà agrosilvopastorale per diventare compagna di viaggio specializzata per le imprese e le comunità che operano con attenzione al settore ambientale.
ECOnomy aiuta le comunità coresidenziali, le aziende agricole e di trasformazione, chi si dedica all’ospitalità rurale e al benessere psicofisico ed ogni altra iniziativa rivolta ad un futuro sostenibile con attenzione alle soluzioni energetiche rinnovabili e a basso impatto.
ECOnomy offre servizi di consulenza tecnica, progettuale e di stima, finanziaria, assicurativa e di garanzia individuando i sostegni finanziari più adeguati ai programmi di investimento attraverso l’ottenimento di finanziamenti e contributi privati, bancari e pubblici regionali, nazionali e comunitari. Fornisce inoltre assistenza per l’incremento del capitale ai fini dell’autosostentamento e dello sviluppo.
ECOnomy fornisce anche servizi informativi e di marketing, oltre a certificazioni ambientali per imprese e comunità che decidono di investire nella propria attività ad ogni livello: acquisto o possesso di immobili e terreni per attivare complessi coresidenziali ed ecovillaggi, impianto, reimpianto e sviluppo di colture, impianti tecnologici, acquisto di beni strumentali e macchinari, stoccaggio, invecchiamento e maturazione dei prodotti con formule finanziarie che prevedono restituzioni a medio e lungo termine fino a 30 anni con congrui periodi di preammortamento.
ECOnomy prende in carico le richieste valutandole con professionalità ed attenzione sotto il profilo tecnico e finanziario, presentandole alle fonti finanziarie più opportune e seguendone l’evolversi sino all’erogazione.
Di seguito indichiamo alcuni degli interventi finanziabili, con l’avvertenza che qualsiasi elenco non potrà essere né esaustivo né aggiornato considerato l’incessante susseguirsi a livello locale e nazionale di delibere, abrogazioni, disposizioni di fondi e drenaggio dei medesimi. ECOnomy verifica pertanto di volta in volta l’esistenza di provvedimenti ad hoc e della relativa disponibilità finanziaria relativamente a:

Acquisizione di immobili e recupero degli stessi
Isolamento di coperture, sottotetti, terrazze, pareti d’ambito, sostituzione di serramenti e installazione di doppi o tripli vetri
Rifacimento delle reti di distribuzione del calore, inclusi i sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione
Sostituzione dei sistemi di generazione del calore comprensivi della termoregolazione locale dei corpi scaldanti, tenendo presente che la mera sostituzione dei generatori di calore, anche con modifica del combustibile, non è ammessa ai prestiti a tasso zero
Realizzazione di impianti di riscaldamento e raffrescamento centralizzati comprensivi di sistemi di regolazione e di contabilizzazione, in sostituzione di impianti autonomi esistenti, ovvero con pompe di calore geotermiche purché alimentino reti di distribuzione del calore a bassa temperatura
Realizzazione di impianti fotovoltaici termici di potenza – secondo le varie classi di attribuzione – per la produzione di acqua calda sanitaria e per il riscaldamento ambientale collegati alla rete elettrica come previsto dalle normative vigenti
Acquisto automezzi alimentati ad energie elettrica, GPL, metano o ibridi

Non ci dilunghiamo perché svariate e numerose sono le tipologie di intervento ammesse, ivi compresa l’acquisizione di aree e terreni per impiantarvi gruppi o centrali di produzione piuttosto che la salvaguardia di specie animali a rischio di estinzione.
Un cenno al cosiddetto Sistema Incentivante, che stabilisce che la produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica sia incentivata tramite un sistema che consente di ammortizzare in un ventennio i costi di installazione dell’impianto, al contributo derivante dalle “tariffe incentivanti” erogato per vent’anni, al risparmio derivante dall’utilizzo dell’energia prodotta dall’impianto per coprire il fabbisogno del proprietario installatore e, per impianti di potenza superiore ai 20 kW, alla vendita dell’eccedenza prodotta; le tariffe incentivanti sono corrisposte da GSE SpA – Gestione servizi elettrici.
Soggetti beneficiari: sono ammesse persone fisiche e giuridiche, condomini e soggetti pubblici. Le spese ammissibili sono: certificazione energetica e diagnosi energetica degli edifici, progettazione, direzione lavori, realizzazione delle opere e degli impianti, collaudo.
Un cenno, inoltre, all’opportunità della certificazione: intraprendere il percorso che porta alle certificazioni EMAS e ISO 9000/14000 significa compiere passi di grandissima rilevanza che qualificano ulteriormente i soggetti come centri di eccellenza nei settori dell’agricoltura, dell’agroindustria di qualità e dell’ambiente, in quanto tale certificazione accresce la visibilità dell’impegno a sostegno dell’ecosistema. La collaborazione di ECOnomy si concretizza nel sostegno consulenziale e finanziario alle imprese che intendono implementare i sistemi di gestione ambientale ed effettuare investimenti che favoriscano la crescita economica in una logica di sviluppo sostenibile.
Le certificazioni apportano benefici in termini di:

Garanzia di conformità alle normative ambientali e risparmio potenziale di risorse ed energie
Riduzione di costi
Prevenzione di incidenti ambientali
Ammodernamento organizzativo e gestionale
Maggiori punteggi per l’ottenimento di contributi comunitari e nazionali

La certificazione EMAS (https://it.wikipedia.org/wiki/EMAS) è uno standard di certificazione di qualità ambientale riconosciuto dall’Unione Europea attraverso un dispositivo di legge, il Regolamento comunitario di ecogestione che si applica alle organizzazioni private e pubbliche che dimostrino di possedere obiettivi e programmi per il miglioramento della qualità ambientale.
Le certificazioni ISO 9000, 14000 e 14001 identificano una serie di standard internazionali relativi alla gestione ambientale delle organizzazioni stabiliti dall’Organizzazione Internazionale di Standardizzazione. Informazioni: ISO 9000 https://it.wikipedia.org/wiki/Norme_della_serie_ISO_9000 ISO 14000: https://it.wikipedia.org/wiki/ISO_14000.
Per finire un cenno alle particolarità legate all’approvvigionamento idrico: ECOnomy si occupa dell’ottenimento delle concessioni e degli impianti connessi al recupero, alla depurazione ed al monitoraggio della salubrità.
Velocità, strumenti competitivi e semplicità costituiscono i punti di forza dell’attività che ECOnomy svolge per individuare il sostegno finanziario più indicato a concretizzare in tempi brevi i progetti di sviluppo, ivi compresa l’istruttoria per mutui edilizi e fondiari agevolati per l’acquisto od il recupero di immobili e terreni, o quella per l’ottenimento di finanziamenti pubblici agevolati che, più vantaggiosi ed accessibili di quanto normalmente si ritenga, consentono all’acquirente di aggiornare gli strumenti produttivi con il minor gravame possibile di interessi passivi.
Per finanziare le idee esiste infine il Venture Capital, strumento che trasforma il rischio in investimento ad elevato ritorno. Meno costoso rispetto ai canali bancari, è la soluzione per realtà sane ma che rispetto ai parametri tradizionali non potrebbero ottenere crediti di portata necessaria allo sviluppo del progetto. Lo effettuano società bancarie od assicuratrici oppure i cosiddetti Business Angels, investitori che amano privilegiare il rapporto personale con l’impresa finanziata.

Alberto C. Steiner

Tra pascoli e malghe l’opportunità di gestire un rifugio in Adamello

Il primo esperimento è andato deserto, perciò a termini di legge l’ERSAF, Ente Regionale per le Foreste di Lombardia, ha riaperto i termini per presentare un’eventuale manifestazione di interesse per la concessione triennale del fabbricato adibito a rifugio, e relative pertinenze, denominato Baita Rifugio Rosello di Sopra e situato nel Comune di Esine (Brescia) località Foresta di Valgrigna.rap-2017-01-02-rifadamello-002La nuova scadenza è fissata per le ore 12:00 di martedì 31 gennaio 2017 e le manifestazioni di interesse dovranno pervenire corredate da un’offerta minima di 3.000 Euro annui.
Il sito, a 1.720 metri di altitudine in un’ampia conca pascoliva circondata da lariceti, costituisce posto tappa lungo la Via dei Silter ed è raggiungibile a piedi in circa 1h25′ o con mezzi fuoristrada dalla località Plan di Montecampione distante circa 4.500 metri. L’attività prevede, oltre alla fornitura di vitto e alloggio per escursionisti, percorsi di formazione connessi all’attività agrosilvopastorale montana.rap-2017-01-02-rifadamello-001La superficie coperta è pari a 194 m2 ed il fabbricato, realizzato in murature in pietrame e malta con tetto in soletta di laterocemento e copertura in lamiera, è articolato su due livelli comprendenti:
al piano terra sala da pranzo arredata con annessi bagni per il pubblico (anche per disabili), sala riunioni attrezzata anche per attività didattiche, cucina arredata con annesso bagno a servizio del personale, ampia cantina;rap-2017-01-02-rifadamello-003al piano primo 4 camere dotate di letti a castello per complessivi 26 posti letto, 2 bagni ad uso comune.rap-2017-01-02-rifadamello-004Il fabbricato, allacciato alla rete elettrica con potenza installata di 8 kW, è dotato di impianto idrico e fognario, impianto a gas con collegamento a bombole GPL. L’impianto di riscaldamento consiste in un caminetto e stufe a legna. L’arredamento è completo ad esclusione di lavastoviglie, forno elettrico, affettatrice, attrezzature minute da lavoro, stoviglie, suppellettili varie per cucina e ristorazione, coperte, lenzuola.
L’area esterna è pavimentata ed è circondata da ampia area a verde delimitata con staccionata di legno e provvista di area di parcheggio a breve distanza.
Chi desiderasse maggiori informazioni e desiderasse il nostro accompagnamento per la presentazione di un’offerta corredata da un progetto di massima può contattarci all’indirizzo centrostudicesec @ engineer . com (senza spazi intermedi).

ACS

Un micro ecovillaggio (quasi) pronto sull’Appennino parmense

Il titolo è volutamente eccessivo, anche se in realtà la conformazione di questo complesso di sette edifici contornati da un appezzamento di terreno – situato in uno scenario fra i più belli dell’Appennino Ligure-Emiliano – si presta molto bene, come vedremo, ad essere interpretata come residenza in cohousing, anche in relazione al rapporto prezzo/qualità.rap-2016-11-07-chiesabianca-001Il luogo e la sua storia
Da sempre territorio piacentino, Bardi venne inglobata nella provincia di Parma durante la ristrutturazione amministrativa avvenuta nel 1923, ma la sua storia è antichissima.
A differenza di Catania non ha l’elefante sullo stemma civico, ma secondo una leggenda Bardi deve il toponimo proprio ad un elefante: Bardus o Barrio, l’ultimo di quelli al seguito dell’esercito di Annibale, morto qui dopo la battaglia combattuta sul fiume Trebbia contro i Romani nel 218 a.C. ed in onore del quale il generale cartaginese avrebbe deciso di fondare una colonia.
Ritrovamenti archeologici attestano come il territorio fosse abitato sin dal Paleolitico e, successivamente, dai Celti Liguri ai quali subentrarono i Romani. Attorno al 600 d.C. vi si stabilì un gruppo di Arimanni, la nobiltà longobarda, come risulta dall’indicazione di una Silva Arimannorum risalente all’anno 898.
L’abitato è situato ad un’altitudine media di 625 metri sul livello del mare (minima 308, massima 1.645) nell’alta valle del Ceno alla confluenza tra i torrenti Ceno e Noveglia; distante circa 60 km dal capoluogo di provincia, è dominato dall’imponente castello costruito su uno sperone di diaspro rosso.
La prima testimonianza scritta della presenza del castello è offerta da una pergamena datata 869. Nell’agosto 898 un bardigiano, certo Andrea di Dagiverto, vende al Vescovo di Piacenza Everardo metà della “Rocha” di Bardi e, nel gennaio del 1000, il vescovo di Piacenza Sigifredo vi si trasferisce.
Nel 1251 in seguito ad una ribellione i Pallavicino – signori di Piacenza – espugnarono e distrussero il castello, vendendo nel 1257 il feudo alla potente casata piacentina dei Landi, che rimasero signori del luogo per i quattro secoli successivi.
Dopo che, nel 1381, Gian Galeazzo Visconti concesse completa autonomia alla signoria dei Landi il castello, nato come rocca difensiva, venne ampliato ed abbellito per assumere funzioni di rappresentanza in quanto Bardi divenne capitale di un minuscolo stato esteso a parte delle alte valli del Ceno e del Taro. Ma durò poco: nel 1429 l’ultimo duca visconteo di Milano Filippo Maria (figlio di quel Gian Galeazzo che assunse il potere dopo aver arrestato lo zio Bernabò con l’inganno ed averlo rinchiuso nella fortezza di Trezzo d’Adda, dove poco dopo morì, forse avvelenato) espugnò il castello affidandolo al mercenario Niccolò Piccinino sino al 1448, quando ritornarono i Landi.
Dopo alterne vicende, nel 1682 Bardi divenne possedimento dei Farnese di Parma che lo tennero sino al 1861, anno dell’unità d’Italia.
Anche di turismo vive l’uomo e pertanto, come quasi tutti i manieri nazionali, anche la rocca di Bardi ha la sua brava leggenda: una tragica storia di amore e morte che avrebbe lasciato uno strascico di “presenze” nei locali, recentemente ricercate per mezzo di sofisticati strumenti da un manipolo di ghostbusters nostrani.
Il castello, dall’11 maggio 2014 sede del Museo Archeologico della Valle del Ceno e di una pregevole libreria, ha in calendario una nutrita serie di spettacoli, rievocazioni, incontri culturali che richiamano un notevole numero di turisti. Dall’estate del 2000 vi si tiene anche la cerimonia conclusiva del Bardi Web Award, premio indipendente rivolto ai migliori siti web in Italiano in varie categorie.
Altra manifestazione che ogni anno, il primo fine settimana di agosto, richiama una folta folla di visitatori e addetti ai lavori è la Mostra del Cavallo Bardigiano, razza adattata al lavoro di montagna e al trekking istituita con apposito disciplinare nel 1977.
Demografia ed economia del territorio
La località, annoverata fra i comuni montani, fa parte della Comunità Montana Valli del Taro e del Ceno e il nucleo abitato, nella sua conformazione attuale, nacque come borgo arroccato alle mura del castello, sviluppandosi solo successivamente nelle ben 71 frazioni che compongono il territorio comunale, oggi esteso su 189,48 km² e al 1° gennaio scorso risultante abitato da 2.227 cittadini (dati Istat) con una media di 1,91 componenti per famiglia. I dati Istat dell’ultimo quindicennio evidenziano una costante implosione demografica: al 31 dicembre 2001 i residenti risultavano 2.708.
Una curiosità: sino alla prima metà del secolo scorso gli abitanti di ceto sociale elevato vivevano nella parte alta del paese, gli altri in quella bassa e nelle frazioni.
Nell’economia locale l’agricoltura conserva un ruolo importante: si producono cereali, foraggi, uva e frutta ed è praticato l’allevamento di bovini, equini e suini, anche se questi ultimi stanno sempre più lasciando spazio agli ovini, non perché sia mutato il consumo ma per la sempre più significativa importazione di capi dai paesi dell’Est europeo.
L’industria è prevalentemente costituita da aziende attive nel comparto lattiero-caseario e, in second’ordine, edile, metallurgico e meccanico.
Il terziario è rappresentato dalla rete commerciale locale, di dimensioni non rilevanti ma sufficiente a soddisfare le esigenze primarie della comunità, e dall’insieme dei servizi bancari, assicurativi e ricettivi, in prevalenza rappresentati da alcune aziende agrituristiche.rap-2016-11-07-chiesabianca-mappaL’ospedale più vicino è ubicato a Borgo Val di Taro (35 km) e relativamente alle vie di comunicazione a circa 37 km vi è il casello di Fornovo dell’Autostrada A15 Della Cisa.
Quanto ai trasporti pubblici la società parmense TEP assicura collegamenti automobilistici con Bedonia, Borgotaro, Salsomaggiore e Fornovo in coincidenza per Parma; la stazione ferroviaria più vicina si trova a Borgo Val di Taro.
Sino al XIX Secolo l’economia agropastorale fu prevalentemente di sussistenza e, a partire dalla seconda metà dell’800 e sino agli anni Sessanta del secolo successivo, l’economia sociale del luogo venne caratterizzata dal fenomeno dell’emigrazione verso Belgio, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Svizzera.rap-2016-11-07-chiesabianca-torrenteLe particolarità naturalistiche
Il vero patrimonio di Bardi e del suo circondario è costituito dalle sue particolarità naturalistiche: montagne boscose che annoverano una grandissima varietà di flora spontanea e officinale, oltre ai funghi porcini per i quali la zona è molto nota.
Le erbe da pascolo, dal profumo caratteristico, donano al formaggio prodotto localmente – in particolare Parmigiano Reggiano – un sapore particolarmente ricco ed equilibrato, decisamente diverso rispetto all’omologo di pianura. Negli anni ’60 del secolo scorso, quando la montagna si spopolava, alcuni allevatori scelsero di rimanere investendo sulla salubrità di un territorio ancora inalterato e, successivamente, sulle particolari condizioni di benessere in cui far vivere gli animali. Tali componenti unite ad una lavorazione accurata costituiscono oggi la combinazione che permette di produrre un Parmigiano Reggiano biologico particolarmente caratterizzato per colore, profumo e sapore, stagionato per non meno di 24 mesi.
Dal punto di vista naturalistico, pur avendo l’attività umana inevitabilmente mutato il paesaggio, la valle presenta tuttora ampie aree di natura incontaminata: coltivi e pascoli a fitti boschi. La flora tipica è composta da querce, frassini, aceri, carpini, pioppi, salici, faggi e numerose specie fruttifere; prati e sottobosco forniscono numerose specie di erbe, fiori e piante officinali.
La fauna, estremamente elusiva e pertanto notevolmente difficile da avvicinare, annovera fagiani, ghiandaie, pernici, rapaci, cinghiali, lepri, rarissime marmotte in quota, ricci, scoiattoli, tassi, volpi, e da alcuni anni qualche esemplare di lupo.
Tipicità degli edifici rurali locali
Gli edifici rurali esistenti nel nucleo centrale o disseminati nelle numerose frazioni riprendono, salvo quelli di recente realizzazione o ristrutturazione, i tratti comuni all’edilizia colonica dell’Appennino Ligure-Emiliano e, più in generale, della fascia montana che si estende dall’Oltrepò pavese all’Appennino Tosco-Romagnolo con lievi differenze costruttive segnate dalla pendenza delle falde di copertura – maggiormente accentuate nell’area tosco-romagnola – all’impiego di materiali lapidei locali e, spesso, di un edificio esterno adibito a forno per la cottura di alimenti.
All’interno delle aree boschive sono numerosi gli edifici un tempo adibiti ad essiccatoi di castagne: la maggior parte versa in stato di abbandono poiché solo una minima parte è stata recuperata come abitazione rustica non adibita a residenza principale.
Nonostante le notevoli trasformazioni ed il diffuso stato d’abbandono che origina un irreversibile degrado, è possibile rilevare come le forme d’aggregazione più antiche siano costituite da casali o gruppi di abitazioni composti di norma da due a dieci case, con poche eccezioni numericamente più consistenti, la cui conformazione riprende le origini tardo medioevali, quando la popolazione che fino allora trovava rifugio nei borghi fortificati o cinti da mura inizia a distribuirsi stabilmente in agri aperti colonizzando il territorio.
Gli edifici, realizzati impiegando pietra, legname e sassi di fiume reperibili localmente, si sviluppano generalmente in verticale secondo un modello costruttivo che privilegia l’occupazione di superfici terrene limitate pur contenendo tutti gli elementi necessari allo svolgimento dell’attività agropastorale.
Il modello è noto come casa torre. Nell’aspetto rivela chiaramente le originarie esigenze di difesa ed è caratterizzata da pianta quadrangolare con sviluppo in elevazione da tre a quattro livelli monovano, collegati fra loro da una scala interna in pietra o più spesso in legno a vista.
La destinazione d’uso degli ambienti colloca il ricovero di animali e attrezzi al piano terreno, magazzino e abitazione a quelli superiori in sequenza e, alla sommità, la cosiddetta colombaia che, oltre a dare possibilità di osservazione difensiva, consente il diffuso allevamento di colombi, prevalentemente per uso alimentare
La casa torre è prevalentemente realizzata con murature in pietra a secco non intonacate e strutture orizzontali in legno, con modalità costruttive rispecchianti l’esigenza di utilizzare materiali locali e di proteggere gli ambienti dai rigori del clima: quindi finestre strette con struttura voltata e imbotte ampiamente svasata in pietra per favorire il più possibile l’ingresso e la diffusione negli ambienti della luce naturale, la cui quantità è proporzionale alla superficie obliqua di intradosso che delimita il vano stesso, protratta verso l’esterno o l’interno della costruzione, e all’ampiezza dell’apertura praticata sulla parete.
Le coperture, molto spioventi e poggianti su orditure lignee di quercia o noce (raramente di castagno nonostante sia uno dei legni più affidabili, robusti e longevi) sono formate da lastre in pietra di spessore omogeneo, secondo una caratteristica comune a Valle d’Aosta e Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Toscana, Marche e Umbria dove i materiali assumono denominazioni diverse in relazione alle tipologie e alle zone di estrazione e lavorazione: scandole, preie e piode quelle più diffuse.
Quelle emiliane e romagnole sono prevalentemente costituite da calcari compatti e poco gelivi di natura organogena, arenarie di natura clastica o tufi originati per deposito chimico. Leggeri, resistenti e facilmente lavorabili a sfaldo sin dall’antichità mediante interposizione a colpi di mazza di cunei in legno a punta rinforzata, progressivamente bagnati in modo da aumentarne il volume favorendo così il distacco.rap-2016-11-07-chiesabianca-sfaldaturaL’evoluzione dell’elemento edilizio a torre lo rende nel tempo sempre più raramente isolato, bensì inglobato in complessi di fabbricati di servizio spesso addossati in forme scalari ai pendii, dei quali viene sfruttata l’inclinazione per offrire accessi diretti alle abitazioni dalla parte superiore – di solito mediante scala esterna – ottenendo inferiormente dei vani parzialmente interrati.
Tali connotazioni spaziali definiscono la cosiddetta casa di pendio, con tetto a due spioventi poco inclinati, facciata corrispondente al lato più corto e a quello delle gronde del tetto. I rustici principali: stalla, deposito, granaio sono quasi sempre incorporati nell’abitazione.
Elementi significativi sono logge e balconate in aggetto e portali d’ingresso generalmente ad arco, con o senza trabeazione. Il forno è elemento tipico: appare ovunque, conformato generalmente da un quarto di sfera di circa un metro di profondità.
I locali abitativi, oltre che tramite l’accesso diretto superiore, vengono raggiunti dai piani inferiori con scale interne. L’ambiente principale è costituito dalla cucina, dominata dal focolare, dalla quale si accede agli altri ambienti, generalmente costituiti dalle camere da letto. Il bagno come lo intendiamo oggi non esiste e il gabinetto, quando non è un casotto esterno, consiste di un vano aggettante con un foro sul pavimento dal quale defluiscono le deiezioni, successivamente raccolte e conferite alla buca del letame.
Al piano terreno lo spazio è notevolmente frazionato in minuscoli vani per gli animali delle diverse specie: bovini, suini, ovini, oltre alla cantina e alla legnaia.rap-2016-11-07-chiesabianca-006Gli edifici in esame
Descrizione
Il complesso di immobili in esame, sito nella frazione di Chiesabianca, è conformato in modo da formare una sorta di minuscolo borgo.
La località, distante 2.700 metri dal centro comunale, sorge a 745 metri di altitudine. Secondo i dati Istat alla data del 1° gennaio 2016 vi risultano residenti 8 abitanti, 2 maschi e 6 femmine di età compresa fra 15 e 59 anni, tutti di nazionalità italiana, costituenti nel complesso 4 nuclei familiari.rap-2016-11-07-chiesabianca-002L’abitato consta complessivamente di 30 edifici, 18 dei quali adibiti ad abitazione, 9 inutilizzati e 3 destinati ad uso produttivo connesso alle attività prevalenti svolte nella frazione: agricoltura e allevamento.
Chiesabianca non annovera edifici adibiti ad attività ricettiva, alberghiera o commerciale e non sono presenti edifici religiosi.
14 dei 18 edifici residenziali sono realizzati in muratura e 4 in legno, pietra locale ed altri materiali. Nel complesso 13 appaiono in buono stato e 5 in mediocri condizioni strutturali e manutentive.
Nella tabella sottostante gli edifici residenziali censiti per data di costruzione, numero di piani e di vani interni.rap-2016-11-07-chiesabianca-riepilogo-edificiGli immobili in esame consistono in un complesso costituito da fabbricati abitativi con annesse dipendenze ad uso depositi e rimesse, in parte collabenti, ed aree agricole pertinenziali, situato a circa 6.000 metri dal centro dell’abitato di Bardi e raggiungibile tramite strada vicinale diramantesi dalla SP 28.
Consta dei fabbricati, non dotati di infrastrutture di urbanizzazione primaria, abitativi con annessi di servizio e terreni agricoli pertinenziali così censiti:
C.T. – foglio 20
particelle 55, 62, 65, 591, 615, 740, 743, 745, 747, 748, 749, 750
C.F. – foglio 20
particella 738 sub 2, 3, 4; particelle 741, 752, 753; particella 746 sub 1, 2 e confinante a partire da Nord e in senso orario con i mappali 51, 315, 56, 46, 779, 770, 286, 285 dello stesso foglio, strada comunale.
C.F. – foglio 20 (Porzione di fabbricato collabente)
particella 751, confinante a partire da Nord e in senso orario con mappale 50 dello stesso foglio, strada comunale, mappali 315 e 50 dello stesso foglio.
Gli edifici A, B, C, D presentano struttura portante in muratura di pietra di montagna, con fondazioni presumibilmente a cordolo di pietra o malta di calcestruzzo magro, la qualità architettonica è rurale e riflette i metodi costruttivi tipici del luogo e dell’epoca.
I fabbricati sono privi di ascensore e devono considerarsi non adattabili per la fruibilità da parte di persone con ridotte capacità motorie ai sensi della L. 13/1989.rap-2016-11-07-chiesabianca-003Edificio A (mapp 741)
L’edificio, unito a schiera sui lati Nord e Est ad altri fabbricati, è a pianta rettangolare elevato di due piani fuori terra più un sottotetto non abitabile con solai interpiano in laterocemento, copertura a struttura in legno e doppia orditura con manto superiore in tegole marsigliesi che hanno sostituito l’originaria copertura in pietra a lastre; elementi di lattoneria in rame, facciate in pietra a vista, aperture con architravi in cemento e alcune riquadrature in mattoni.
Nell’angolo Sud-Ovest è presente una tettoia sostenuta da piloni in legno, non rientrante in volumetria.
Appare in buono stato di conservazione poiché oggetto di successivi interventi di manutenzione nell’anno 1997 riguardanti manto di copertura, serramenti esterni, impianto idrosanitario e servizi igienici, pavimenti e, nell’anno 2003, impianto elettrico.
I locali interni sono disposti su due livelli non collegati internamente: al piano terreno due locali accessori (cantina e legnaia) accessibili da due portoni carrai in ferro; al piano rialzato, con accesso tramite scala esterna, l’ingresso diretto al locale soggiorno attraverso il quale si accede tramite disimpegno a cucina abitabile, due camere da letto singole ed un bagno completo di lavabo, vaso, bidet, piatto doccia in ceramica di qualità corrente.
L’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di circa 64 m2, i locali accessori al piano interrato presentano altezza interna di m 2,50 circa, quelli abitativi al piano rialzato hanno altezza utile di m 2,45 circa e risultano sufficientemente illuminati ed aerati.
L’abitazione è dotata di impianto idrosanitario di tipo tradizionale con tubazioni sottotraccia eseguito nel 1997 e impianto elettrico con cavi a vista lungo i muri: pur revisionato nell’anno 2003 è da risistemare con la posa di canalette a norme.
L’impianto di riscaldamento invernale consta di due stufe a legna al piano rialzato, con relative canne fumarie da verificare; nel bagno è installato un boiler elettrico da 90 litri per la produzione dell’acqua calda sanitaria.
Gli impianti sono privi della certificazione di conformità.
L’abitazione presenta pareti interne intonacate a calce e tinteggiate con idropittura, pavimenti interni (di qualità corrente) in piastrelle di marmiglia tranne che nel bagno (ceramica) e nella camera da letto a Sud (legno), serramenti esterni in legno con doppi vetri di recente installazione, chiusure esterne con scuretti a doghe di legno, porte interne in legno, porta d’ingresso in legno, bagno e cucina con pareti piastrellate.
Le finiture dei locali appaiono in discreto stato necessitando solo di qualche intervento di ordinaria manutenzione.
I locali di servizio al piano interrato presentano pavimento, pareti e solai con strutture al grezzo.rap-2016-11-07-chiesabianca-004Edificio B (mapp 738 sub 2)
L’edificio, unito a schiera su tre lati ad altri fabbricati, è a pianta rettangolare elevato di due piani fuori terra più un seminterrato, solai interpiano in laterocemento, copertura a struttura in legno a doppia orditura con manto superiore in tegole marsigliesi, elementi di lattoneria in rame, facciate in pietra a vista, aperture con architravi in legno.
Sul lato Nord sono presenti una tettoia in legno a copertura della scaletta d’ingresso e un forno in muratura,
Locali interni disposti su tre livelli di cui due collegati internamente, presentano al piano seminterrato locale accessorio (cantina) accessibile da portone ad ante in ferro, al piano rialzato con accesso tramite quattro gradini esterni l’ingresso diretto sul locale cucina-pranzo attraverso il quale si accede tramite disimpegno ad una camera singola e ad un piccolo bagno completo di lavabo, vaso, bidet, piatto doccia in ceramica di qualità corrente. Al piano primo, al quale si accede tramite scala interna, si trovano una camera da letto doppia ed un bagno completo di lavabo, vaso, piatto doccia in ceramica di qualità corrente.
L’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di 37 m2, i locali accessori al piano interrato presentano altezza interna di m 2,20, quelli ad uso abitativo m 2,50 e sono ben aerati e illuminati.
L’abitazione è dotata di impianto idrosanitario di tipo tradizionale con tubazioni sottotraccia eseguito nel 1997. L’impianto di riscaldamento invernale consta di una stufa a legna nel locale cucina-pranzo al piano rialzato, con relativa canna fumaria da verificare; non sono presenti impianti per la produzione di acqua calda sanitaria. Gli impianti sono privi della certificazione di conformità.
L’abitazione presenta pareti interne intonacate a calce e tinteggiate con idropittura, pavimenti interni (di qualità corrente) in piastrelle di marmiglia tranne che nei bagni ed al piano primo (ceramica), serramenti esterni in legno con doppi vetri di recente installazione, chiusure esterne con scuretti a doghe di legno, porte interne in legno, porta d’ingresso in legno, bagno e cucina con pareti piastrellate.
Le finiture dei locali appaiono in discreto stato necessitando solo di qualche intervento di ordinaria manutenzione.
I locali di servizio al piano interrato presentano pavimento, pareti e solai con strutture al grezzo.
Edificio C (mapp 738 sub 3, 4)
L’edificio, unito a schiera principalmente su due lati, è a pianta rettangolare elevato di tre piani fuori terra più un sottotetto non abitabile, solai interpiano in legno e copertura a struttura in legno a doppia orditura con manto superiore in lastre di arenaria grigia in parte crollate, elementi di lattoneria in acciaio, facciate in pietra a vista, aperture con alcune architravi in cemento.
L’edificio, la cui costruzione risale al XIX Secolo, è di qualità architettonica di tipo rustico e riflette i metodi costruttivi storici tipici del luogo e dell’epoca di realizzazione. Allo stato attuale appare in avanzato stato di degrado a causa della prolungata condizione di disuso ed abbandono. Di fatto è inagibile. Per il raggiungimento di uno standard abitativo normale è necessario prevedere una ristrutturazione completa del fabbricato, comprese le strutture di copertura, del solaio di piano e di tutti gli impianti e le finiture. La struttura portante muraria, tuttavia, appare in discreto stato e priva di evidenti lesioni.
Locali interni: disposti su tre livelli sono allo stato non definibili, l’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di circa 108 m2.
Non si rileva la presenza di impianti e le finiture originarie, completamente degradate, dovranno essere ricostruite.rap-2016-11-07-chiesabianca-005Edificio D (mapp 751)
L’edificio, unito a schiera ad altro fabbricato sul lato Ovest, è a pianta rettangolare elevato di due piani fuori terra più un sottotetto non abitabile, copertura a strutture in legno a doppia orditura con manto superiore in lastre di arenaria grigia in parte crollate, facciate in pietra a vista, aperture con architravi in legno.
L’edificio, la cui costruzione risale al XIX Secolo, è di qualità architettonica di tipo rustico e riflette i metodi costruttivi storici tipici del luogo e dell’epoca di realizzazione. Allo stato attuale appare in avanzato stato di degrado a causa della prolungata condizione di disuso ed abbandono. Di fatto è inagibile. Per il raggiungimento di uno standard abitativo normale è necessario prevedere una ristrutturazione completa del fabbricato, comprese le strutture di copertura, del solaio di piano e di tutti gli impianti e le finiture. La struttura portante muraria, tuttavia, appare in discreto stato e priva di evidenti lesioni.
Locali interni: disposti su due livelli sono allo stato non definibili, l’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di circa 35 m2.
Non si rileva la presenza di impianti e le finiture originarie, completamente degradate, dovranno essere ricostruite.
Annesso E (mapp 752, 753)
Fabbricato pertinente di tipo rurale posto a ridosso dei fabbricati abitativi, costituito da un corpo rettangolare elevato di due piani fuori terra costruito in muratura di pietra di montagna e suddiviso in due corpi adiacenti, di cui quello verso Nord con altezza maggiore e con piccolo cortile di pertinenza, entrambi con copertura in legno a due falde e manto superiore in lastre di pietra.
Le strutture murarie del fabbricato, allo stato grezzo, appaiono in elevato grado di fatiscenza e abbandono, risultando parzialmente crollati il muro sul lato Est, la copertura ed il solaio interpiano. Il fabbricato occupa una superficie in pianta di circa 141 m2 e necessita di un intervento di ristrutturazione totale, essendo allo stato inagibile.rap-2016-11-07-chiesabianca-007Annesso F (mapp 746 sub 1, 2)
Fabbricato pertinenziale rustico ad uso stalla-fienile posto in vicinanza dei fabbricati abitativi, costituito da un corpo rettangolare elevato di due piani fuori terra costruito in muratura di mattoni sui resti di precedente edificio in pietra, con solaio interpiano in legno, copertura in legno a due falde e manto superiore in lastre ondulate di fibrocemento, conseguente ad un intervento successivo alla costruzione originaria risalente al XIX Secolo.
La struttura presenta due accessi indipendenti per le singole unità immobiliari, è allo stato grezzo e priva di finiture e impianti. Il fabbricato occupa una superficie in pianta di circa 123 m2.
A ridosso del fabbricato sono stati realizzati piccoli manufatti ad uso canile e pollaio senza autorizzazione edilizia, che dovranno essere rimossi.
Relativamente alla copertura in fibrocemento non sono state reperite dichiarazioni di controllo periodico obbligatorie ai sensi di legge e ad un sommario esame visivo il materiale si presenta intaccato e con segni di sfaldature: ai sensi della L. 27 marzo 1992 n.257 e secondo le disposizioni di cui al D.M. 6 settembre 1994 e successive modifiche la struttura dovrà perciò essere rimossa e bonificata a cura di impresa specializzata iscritta all’apposito Albo di cui all’Art. 10 D.L. 361/1987.
La tabella sottostante riporta la consistenza e l’indicazione delle superfici lorde delle unità immobiliari distinte per porzioni omogenee. Le misure dei fabbricati – che possono non coincidere con quanto indicato nelle schede catastali – sono ricavate da rilievi a vista.
Le aree dei terreni sono ricavate dai dati catastali.rap-2016-11-07-chiesabianca-consistenza-edificiCaratteristiche urbanistiche e definizione del valore commerciale
I fabbricati appartengono come evidenziato ad un piccolissimo ed isolato nucleo rurale storico di montagna risalente ai primi anni del XIX Secolo posto fra le frazioni Bertonazzi e Brugnoli nel territorio comunale di Bardi. Costruiti come fabbricati rurali al servizio delle attività agricole, nell’ambito urbanistico comunale rientrano nei nuclei edificati di valore storico-testimoniale e storico-architettonico in ambito extraurbano.
In base al vigente PRG comunale (fabbricati all’interno del centro storico – A1 RUE Art. 3.2.2) la loro potenzialità edificatoria è soggetta alla specifica disciplina particolareggiata nelle categorie di intervento definite come restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione (RUE CT 06 Scheda 05).
I terreni, come indicato nel certificato di destinazione urbanistica, sono classificati dal PRG in parte in zona agricola normale E1 (RUE Art 3.2.19) ed in parte all’interno del centro storico A1.
Le zone agricole sono destinate all’esercizio dell’agricoltura e delle attività strettamente connesse. L’attuazione degli interventi edilizi in zona agricola, di tipo diretto, è riservata esclusivamente ai soggetti singoli o associati aventi la qualifica di imprenditori agricoli a titolo principale o al coltivatore diretto proprietario e al coltivatore diretto affittuario che dedica all’attività agricola almeno il 25% del tempo di lavoro complessivo e ricava da tale attività almeno il 25% del proprio reddito di lavoro.
Nel RUE locale sono inoltre previste specifiche norme che riguardano i limiti urbanistici di edificabilità delle zone agricole (Art 3.2.19) gli interventi per l’agriturismo (Art 3.2.24) e il recupero degli edifici non più funzionali all’attività agricola (Art 3.2.25).
La Zona A1 centro storico prevede destinazioni d’uso di tipo residenziale e ad esso riconducibile, alberghiero, commerciale e artigianale, nonché di tipo rurale e connesso all’attività agricola.
La disciplina particolareggiata per il centro storico determina nel dettaglio gli specifici interventi sui vari elementi architettonici dei fabbricati, in particolare per le categorie del restauro e risanamento conservativo e della ristrutturazione, che prevedono in generale la conservazione e la valorizzazione degli aspetti architettonici tradizionali del luogo.
Gli edifici in oggetto sono classificati con valore di interesse tipologico, escluso l’Annesso E, di valore storico-architettonico.
Tutti i terreni ed i fabbricati di cui al mapp 732 sub 2, mapp 741, 746 risultano allo stato occupati senza titolo da persona che ha dichiarato di dimorarvi a titolo gratuito non avendo contratti di affitto o diritti usufrutto; i restanti fabbricati, di fatto inagibili, sono abbandonati da diversi anni.
Nel criterio estimativo si è tenuto conto dei dati raccolti attraverso indagini sul mercato immobiliare locale. La valutazione dei beni è stata attuata secondo il metodo della stima sintetico-comparativa basata su immobili analoghi per dimensioni e tipologia adottando alcuni coefficienti correttivi di differenziazione dai valori medi determinati in base alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche degli immobili: tra questi la vetustà, lo stato di conservazione, la qualità architettonica, gli impianti di dotazione e la classificazione energetica, la distribuzione, la fruibilità e la salubrità degli spazi interni e l’inquadramento nell’ambito territoriale.
Considerando infine che i fabbricati non sono forniti di certificato di abitabilità o agibilità e parametrandone i coefficienti di prezzo ad una superficie commerciale complessiva di 168 m2. La tabella sottostante ne fornisce il valore estimativo tecnico.rap-2016-11-07-chiesabianca-riepilogoPossibilità di utilizzo
La proprietà verrà offerta all’asta il 18 gennaio 2017 ad un prezzo base di Euro 77.625,00 con scarse probabilità di essere assegnata. Si ritiene congruo ipotizzare che una trattativa a saldo e stralcio con l’ente creditore possa ridurne notevolmente il prezzo di realizzo.
Il complesso, una volta ristrutturato, si presta ad essere utilizzato come residenza per due, al massimo tre nuclei familiari che potrebbero scegliere la formula del cohousing relativamente alla definizione ed all’utilizzo degli spazi comuni.
La modesta estensione del terreno di proprietà può essere integrata con l’acquisizione in affitto, in comodato o eventualmente in acquisto di appezzamenti circostanti nella misura massima di tre ettari.
Non si consiglia l’impianto di un’attività agrituristica: la capacità ricettiva locale è sufficiente e lo scenario economico non è dei migliori.
Il complesso, oltre che per una funzione abitativa, può invece essere validamente utilizzato per la produzione, somministrazione e vendita di alimenti tipici del territorio e derivanti da flora e allevamento locali: prodotti, anche officinali e cosmetici, a base di erbe spontanee, miele, conserve, latticini. Lo svolgimento dell’attività presuppone naturalmente l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni di legge.

Alberto C. Steiner

Rustico con terreno a Tizzano Val Parma

Ubicato sul pendio di un’altura dominata dai ruderi di un castello risalente al XIII Secolo, tra i monti Caio e Fuso e bagnato dai Torrenti Parma e Parmossa, Tizzano Val Parma (Coordinate 44°31′N 10°12′E) è un comune montano in provincia di Parma – dalla quale dista 40 km – esteso su una superficie di 78,39 km². Si trova a 814 metri di altitudine e il suo territorio era percorso dalla strada militare Romana detta delle Cento Miglia, che collegava Parma con Luni, l’odierna Ortonovo in provincia di La Spezia.Nel 2015 contava 2.077 residenti e fa parte della Comunità Montana Unione dei Comuni Parma Est insieme con Calestano, Corniglio, Langhirano, Lesignano de’ Bagni, Monchio delle Corti, Neviano degli Arduini e Palanzano.Non distante dal Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, è inserito nel Parco dei Cento Laghi, che nel giugno 2015 ha ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di Riserva MaB, Man and Biophere, per l’elevato grado di biodiversità e la notevole varietà dell’ambiente naturale.L’impianto urbanistico ne rivela l’origine medioevale e sul territorio sono presenti testimonianze storiche risalenti ad Etruschi, Celti e Longobardi: tra queste una stele – presumibilmente un calendario astrologico celtico – rinvenuta in un bosco presso il torrente Parmossa.Notevoli sono le caratteristiche antropologiche, esoteriche e storiche del sito e dei dintorni; malauguratamente la descrizione su Wikipedia è stata redatta da un fantasioso grafomane, lo stesso che ha scritto in modo dissennato e inattendibile dell’antica strada Romana delle Cento Miglia.Nell’abitato, non servito direttamente da una linea ferroviaria (le stazioni più prossime sono Parma e Berceto, in Val di Taro) e raggiungibile con la SP 665, è disponibile un complesso composto da due fabbricati rurali, uno dei quali su tre livelli fuori terra adibito ad abitazione e l’altro a deposito per complessivi 276 m2. Annessi vi sono un’area cortilizia e terreni per un’estensione complessiva di 9 ettari.Gli immobili sono da recuperare, i terreni sono coltivabili. La proprietà, sottoposta a procedura dall’anno 2010, andrà all’asta il 16 novembre prossimo: dopo alcuni ribassi la richiesta è di 34.000 Euro, ma è possibile aprire una trattativa a saldo e stralcio con l’ente creditore spuntando un prezzo notevolmente inferiore.
L’immobile può essere recuperato per farne un’abitazione privata, un cohousing (al massimo tre nuclei familiari), un’azienda agricola o una fattoria didattica, eventualmente aggregata ad un’attività ricettiva.
Chi fosse interessato può contattarci direttamente all’indirizzo centrostudicesec @ engineer . com.

Alberto C. Steiner

Un podere a Castel Focognano

Situato in posizione collinare a 310 metri di altitudine in provincia di Arezzo, nel casentino (coordinate 43°39′12.1″N 11°47′16.8″E) Castel Focognano è un comune esteso su 56,63 km² che conta poco più di 3mila abitanti ripartiti in cinque frazioni: Castel Focognano (che origina il toponimo), Carda, Socana (il centro più antico), Salutio e Rassina, eletta a capoluogo.RAP 2016.08.30 Castel Focognano 001Quest’ultima, oltre a non presentare rilevanze artistiche ed architettoniche di interesse, costituisce la parte meno attraente sotto i profili ambientale e paesaggistico anche in ragione del cementificio che, a partire dai primi anni del ‘900 ha consentito lo sviluppo economico ed urbanistico della località.
L’antica frazione di Socana, uno dei luoghi più antichi del Casentino, vanta oltre 25 secoli di storia e reca tracce delle civiltà etrusca – testimoniata dal rinvenimento di un tempio e da un’ara sacrificale – romana e cristiana, quest’ultima rappresentata dalla pieve romanica.RAP 2016.08.30 Castel Focognano 003Il territorio comunale confina con Bibbiena, Capolona, Ortignano, Raggiolo, Subbiano e con i più noti Poppi, Loro Ciuffenna e Chiusi della Verna dov’è ubicato il notissimo complesso francescano.
A Opini, uno dei nuclei più antichi e sottoposto a tutela paesistica sono in vendita giudiziaria fabbricati 1.200 m² (35 dei quali occupati da un’antica chiesetta) e terreni per complessivi ha 53.053, 16.654 dei quali coltivi e la rimanenza boschivi, il tutto ripartito in cinque lotti.
La richiesta a base d’asta, che si terrà il 9 novembre prossimo, è di 229.000 €. Il creditore procedente è Unicredit e poiché la procedura è in essere dall’anno 2010 abbiamo ragione di ritenere che, in una seria trattativa a saldo e stralcio, sia possibile spuntare un ribasso anche del 50 per cento.RAP 2016.08.30 Castel Focognano 002I fabbricati sono in pessimo stato di conservazione ma la struttura si presta per accogliere in cohousing alcuni nuclei familiari attratti dalla possibilità di sviluppare un’attività agricola e di trasformazione agroalimentare, eventualmente con un aggregato di natura ricettiva che, in funzione dell’intento e della capacità di spesa, può assumere anche una notevole rilevanza d’immagine e redditività considerata la zona piuttosto richiesta.
Chi fosse interessato può contattarci privatamente al nostro indirizzo email centrostudicesec@engineer.com.

Alberto C. Steiner

Agriturismo: di charme non significa di plastica

Nell’ultimo biennio gli effetti della crisi che nel 2013 ha falcidiato il 22% degli agriturismi italiani hanno comportato che all’inizio di quest’anno le attività di ospitalità rurale effettivamente attive risultassero essere di poco superiori alla metà di quelle censite alla fine del 2010.RAP 2016.03.30 Agriplastica 001Poco importa che una parte consistente di tali attività fossero, nei fatti, osterie di campagna con camere e non aziende agricole propriamente dette: numerose associazioni di categoria, organi di stampa e non pochi maître à penser seguitano ad affermare che l’ospitalità rurale non può limitarsi a buon cibo, lenzuola profumate di lavanda e passeggiate nel bosco. Occorrono fitness, attività spirituali, meditative, olistiche, culturali, percorsi in mountain bike, corsi e seminari e via inventando per tacere del recupero di saperi e sapori. Personalmente non ne posso più di quei saperi e sapori, che in ogni senso non sanno di nulla.
Pur apprezzando l’ospitalità di charme, sono sempre rimasto scettico di fronte all’ipercinesico fiorire di iniziative tendenti, nei fatti, a far assomigliare un’azienda agricola all’area bambini dell’Ikea attraverso un’offerta che prevede di tutto e di più, spesso snaturandone l’essenza territoriale alla compulsiva ricerca di animazioni più confacenti a villaggi vacanze che non a realtà che si vorrebbero connotate da silenzio ed approccio rispettoso ai ritmi della natura, in una logica di decrescita, lentezza, ascolto e umiltà.RAP 2016.03.30 Agriplastica 002Pur sulla scorta di una specifica esperienza quasi ventennale non ho la pretesa di impartire insegnamenti. Ma il caso ha voluto che, proprio nei giorni scorsi, una meravigliosa vacanza in una fattoria dove il tempo è scandito dalle necessità dell’accudienza agli animali e dove non c’è spazio per inutili orpelli o per concessioni all’agriturismo di plastica, mi abbia, ancora una volta, confermato che l’unica possibilità di comprendere ed apprezzare la bellezza dell’ospitalità rurale, traendone benefici ed insegnamenti, risieda nell’essenzialità.
La fattoria (fattoria, non agriturismo) dove ho trascorso questi giorni non è neppure dotata di un sia pur modesto ristorante: c’è un supermercato nelle vicinanze dove gli ospiti, accolti in casette ristrutturate con gusto, estrema competenza ed attenzione ai materiali ed alle risorse energetiche, possono fare la spesa. Il riscaldamento è assicurato da pannelli sottopavimento e da piumoni, il resto – a cura degli ospiti – da stufe e camini. L’attività consiste nel passeggiare nei boschi o nel dare una mano nell’orto o nella stalla. Niente woofing, i titolari dell’azienda non ne vogliono nemmeno sentir parlare.RAP 2016.03.30 Agriplastica 003Insomma, a mio avviso una vera e propria lezione di marketing, rispetto e buon senso densa di numerosi spunti da mettere a frutto nella progettazione del recupero di edifici rurali, per favorire un vero riavvicinamento ad attività che meritano considerazione perché costituiscono reali presidi a salvaguardia del territorio. Certo, anche dal punto di vista dell’imprenditore agricolo comportano scelte coraggiose: prima fra tutte quella di selezionare la clientela in base ad affinità elettive.
So già che qualcuno si e mi chiederà dove si trova questo luogo. Semplice: non lo dico, proprio perché questi sono pensieri, non una marchetta pubblicitaria.

Alberto C. Steiner