Il titolo è volutamente eccessivo, anche se in realtà la conformazione di questo complesso di sette edifici contornati da un appezzamento di terreno – situato in uno scenario fra i più belli dell’Appennino Ligure-Emiliano – si presta molto bene, come vedremo, ad essere interpretata come residenza in cohousing, anche in relazione al rapporto prezzo/qualità.Il luogo e la sua storia
Da sempre territorio piacentino, Bardi venne inglobata nella provincia di Parma durante la ristrutturazione amministrativa avvenuta nel 1923, ma la sua storia è antichissima.
A differenza di Catania non ha l’elefante sullo stemma civico, ma secondo una leggenda Bardi deve il toponimo proprio ad un elefante: Bardus o Barrio, l’ultimo di quelli al seguito dell’esercito di Annibale, morto qui dopo la battaglia combattuta sul fiume Trebbia contro i Romani nel 218 a.C. ed in onore del quale il generale cartaginese avrebbe deciso di fondare una colonia.
Ritrovamenti archeologici attestano come il territorio fosse abitato sin dal Paleolitico e, successivamente, dai Celti Liguri ai quali subentrarono i Romani. Attorno al 600 d.C. vi si stabilì un gruppo di Arimanni, la nobiltà longobarda, come risulta dall’indicazione di una Silva Arimannorum risalente all’anno 898.
L’abitato è situato ad un’altitudine media di 625 metri sul livello del mare (minima 308, massima 1.645) nell’alta valle del Ceno alla confluenza tra i torrenti Ceno e Noveglia; distante circa 60 km dal capoluogo di provincia, è dominato dall’imponente castello costruito su uno sperone di diaspro rosso.
La prima testimonianza scritta della presenza del castello è offerta da una pergamena datata 869. Nell’agosto 898 un bardigiano, certo Andrea di Dagiverto, vende al Vescovo di Piacenza Everardo metà della “Rocha” di Bardi e, nel gennaio del 1000, il vescovo di Piacenza Sigifredo vi si trasferisce.
Nel 1251 in seguito ad una ribellione i Pallavicino – signori di Piacenza – espugnarono e distrussero il castello, vendendo nel 1257 il feudo alla potente casata piacentina dei Landi, che rimasero signori del luogo per i quattro secoli successivi.
Dopo che, nel 1381, Gian Galeazzo Visconti concesse completa autonomia alla signoria dei Landi il castello, nato come rocca difensiva, venne ampliato ed abbellito per assumere funzioni di rappresentanza in quanto Bardi divenne capitale di un minuscolo stato esteso a parte delle alte valli del Ceno e del Taro. Ma durò poco: nel 1429 l’ultimo duca visconteo di Milano Filippo Maria (figlio di quel Gian Galeazzo che assunse il potere dopo aver arrestato lo zio Bernabò con l’inganno ed averlo rinchiuso nella fortezza di Trezzo d’Adda, dove poco dopo morì, forse avvelenato) espugnò il castello affidandolo al mercenario Niccolò Piccinino sino al 1448, quando ritornarono i Landi.
Dopo alterne vicende, nel 1682 Bardi divenne possedimento dei Farnese di Parma che lo tennero sino al 1861, anno dell’unità d’Italia.
Anche di turismo vive l’uomo e pertanto, come quasi tutti i manieri nazionali, anche la rocca di Bardi ha la sua brava leggenda: una tragica storia di amore e morte che avrebbe lasciato uno strascico di “presenze” nei locali, recentemente ricercate per mezzo di sofisticati strumenti da un manipolo di ghostbusters nostrani.
Il castello, dall’11 maggio 2014 sede del Museo Archeologico della Valle del Ceno e di una pregevole libreria, ha in calendario una nutrita serie di spettacoli, rievocazioni, incontri culturali che richiamano un notevole numero di turisti. Dall’estate del 2000 vi si tiene anche la cerimonia conclusiva del Bardi Web Award, premio indipendente rivolto ai migliori siti web in Italiano in varie categorie.
Altra manifestazione che ogni anno, il primo fine settimana di agosto, richiama una folta folla di visitatori e addetti ai lavori è la Mostra del Cavallo Bardigiano, razza adattata al lavoro di montagna e al trekking istituita con apposito disciplinare nel 1977.
Demografia ed economia del territorio
La località, annoverata fra i comuni montani, fa parte della Comunità Montana Valli del Taro e del Ceno e il nucleo abitato, nella sua conformazione attuale, nacque come borgo arroccato alle mura del castello, sviluppandosi solo successivamente nelle ben 71 frazioni che compongono il territorio comunale, oggi esteso su 189,48 km² e al 1° gennaio scorso risultante abitato da 2.227 cittadini (dati Istat) con una media di 1,91 componenti per famiglia. I dati Istat dell’ultimo quindicennio evidenziano una costante implosione demografica: al 31 dicembre 2001 i residenti risultavano 2.708.
Una curiosità: sino alla prima metà del secolo scorso gli abitanti di ceto sociale elevato vivevano nella parte alta del paese, gli altri in quella bassa e nelle frazioni.
Nell’economia locale l’agricoltura conserva un ruolo importante: si producono cereali, foraggi, uva e frutta ed è praticato l’allevamento di bovini, equini e suini, anche se questi ultimi stanno sempre più lasciando spazio agli ovini, non perché sia mutato il consumo ma per la sempre più significativa importazione di capi dai paesi dell’Est europeo.
L’industria è prevalentemente costituita da aziende attive nel comparto lattiero-caseario e, in second’ordine, edile, metallurgico e meccanico.
Il terziario è rappresentato dalla rete commerciale locale, di dimensioni non rilevanti ma sufficiente a soddisfare le esigenze primarie della comunità, e dall’insieme dei servizi bancari, assicurativi e ricettivi, in prevalenza rappresentati da alcune aziende agrituristiche.L’ospedale più vicino è ubicato a Borgo Val di Taro (35 km) e relativamente alle vie di comunicazione a circa 37 km vi è il casello di Fornovo dell’Autostrada A15 Della Cisa.
Quanto ai trasporti pubblici la società parmense TEP assicura collegamenti automobilistici con Bedonia, Borgotaro, Salsomaggiore e Fornovo in coincidenza per Parma; la stazione ferroviaria più vicina si trova a Borgo Val di Taro.
Sino al XIX Secolo l’economia agropastorale fu prevalentemente di sussistenza e, a partire dalla seconda metà dell’800 e sino agli anni Sessanta del secolo successivo, l’economia sociale del luogo venne caratterizzata dal fenomeno dell’emigrazione verso Belgio, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Svizzera.Le particolarità naturalistiche
Il vero patrimonio di Bardi e del suo circondario è costituito dalle sue particolarità naturalistiche: montagne boscose che annoverano una grandissima varietà di flora spontanea e officinale, oltre ai funghi porcini per i quali la zona è molto nota.
Le erbe da pascolo, dal profumo caratteristico, donano al formaggio prodotto localmente – in particolare Parmigiano Reggiano – un sapore particolarmente ricco ed equilibrato, decisamente diverso rispetto all’omologo di pianura. Negli anni ’60 del secolo scorso, quando la montagna si spopolava, alcuni allevatori scelsero di rimanere investendo sulla salubrità di un territorio ancora inalterato e, successivamente, sulle particolari condizioni di benessere in cui far vivere gli animali. Tali componenti unite ad una lavorazione accurata costituiscono oggi la combinazione che permette di produrre un Parmigiano Reggiano biologico particolarmente caratterizzato per colore, profumo e sapore, stagionato per non meno di 24 mesi.
Dal punto di vista naturalistico, pur avendo l’attività umana inevitabilmente mutato il paesaggio, la valle presenta tuttora ampie aree di natura incontaminata: coltivi e pascoli a fitti boschi. La flora tipica è composta da querce, frassini, aceri, carpini, pioppi, salici, faggi e numerose specie fruttifere; prati e sottobosco forniscono numerose specie di erbe, fiori e piante officinali.
La fauna, estremamente elusiva e pertanto notevolmente difficile da avvicinare, annovera fagiani, ghiandaie, pernici, rapaci, cinghiali, lepri, rarissime marmotte in quota, ricci, scoiattoli, tassi, volpi, e da alcuni anni qualche esemplare di lupo.
Tipicità degli edifici rurali locali
Gli edifici rurali esistenti nel nucleo centrale o disseminati nelle numerose frazioni riprendono, salvo quelli di recente realizzazione o ristrutturazione, i tratti comuni all’edilizia colonica dell’Appennino Ligure-Emiliano e, più in generale, della fascia montana che si estende dall’Oltrepò pavese all’Appennino Tosco-Romagnolo con lievi differenze costruttive segnate dalla pendenza delle falde di copertura – maggiormente accentuate nell’area tosco-romagnola – all’impiego di materiali lapidei locali e, spesso, di un edificio esterno adibito a forno per la cottura di alimenti.
All’interno delle aree boschive sono numerosi gli edifici un tempo adibiti ad essiccatoi di castagne: la maggior parte versa in stato di abbandono poiché solo una minima parte è stata recuperata come abitazione rustica non adibita a residenza principale.
Nonostante le notevoli trasformazioni ed il diffuso stato d’abbandono che origina un irreversibile degrado, è possibile rilevare come le forme d’aggregazione più antiche siano costituite da casali o gruppi di abitazioni composti di norma da due a dieci case, con poche eccezioni numericamente più consistenti, la cui conformazione riprende le origini tardo medioevali, quando la popolazione che fino allora trovava rifugio nei borghi fortificati o cinti da mura inizia a distribuirsi stabilmente in agri aperti colonizzando il territorio.
Gli edifici, realizzati impiegando pietra, legname e sassi di fiume reperibili localmente, si sviluppano generalmente in verticale secondo un modello costruttivo che privilegia l’occupazione di superfici terrene limitate pur contenendo tutti gli elementi necessari allo svolgimento dell’attività agropastorale.
Il modello è noto come casa torre. Nell’aspetto rivela chiaramente le originarie esigenze di difesa ed è caratterizzata da pianta quadrangolare con sviluppo in elevazione da tre a quattro livelli monovano, collegati fra loro da una scala interna in pietra o più spesso in legno a vista.
La destinazione d’uso degli ambienti colloca il ricovero di animali e attrezzi al piano terreno, magazzino e abitazione a quelli superiori in sequenza e, alla sommità, la cosiddetta colombaia che, oltre a dare possibilità di osservazione difensiva, consente il diffuso allevamento di colombi, prevalentemente per uso alimentare
La casa torre è prevalentemente realizzata con murature in pietra a secco non intonacate e strutture orizzontali in legno, con modalità costruttive rispecchianti l’esigenza di utilizzare materiali locali e di proteggere gli ambienti dai rigori del clima: quindi finestre strette con struttura voltata e imbotte ampiamente svasata in pietra per favorire il più possibile l’ingresso e la diffusione negli ambienti della luce naturale, la cui quantità è proporzionale alla superficie obliqua di intradosso che delimita il vano stesso, protratta verso l’esterno o l’interno della costruzione, e all’ampiezza dell’apertura praticata sulla parete.
Le coperture, molto spioventi e poggianti su orditure lignee di quercia o noce (raramente di castagno nonostante sia uno dei legni più affidabili, robusti e longevi) sono formate da lastre in pietra di spessore omogeneo, secondo una caratteristica comune a Valle d’Aosta e Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Toscana, Marche e Umbria dove i materiali assumono denominazioni diverse in relazione alle tipologie e alle zone di estrazione e lavorazione: scandole, preie e piode quelle più diffuse.
Quelle emiliane e romagnole sono prevalentemente costituite da calcari compatti e poco gelivi di natura organogena, arenarie di natura clastica o tufi originati per deposito chimico. Leggeri, resistenti e facilmente lavorabili a sfaldo sin dall’antichità mediante interposizione a colpi di mazza di cunei in legno a punta rinforzata, progressivamente bagnati in modo da aumentarne il volume favorendo così il distacco.L’evoluzione dell’elemento edilizio a torre lo rende nel tempo sempre più raramente isolato, bensì inglobato in complessi di fabbricati di servizio spesso addossati in forme scalari ai pendii, dei quali viene sfruttata l’inclinazione per offrire accessi diretti alle abitazioni dalla parte superiore – di solito mediante scala esterna – ottenendo inferiormente dei vani parzialmente interrati.
Tali connotazioni spaziali definiscono la cosiddetta casa di pendio, con tetto a due spioventi poco inclinati, facciata corrispondente al lato più corto e a quello delle gronde del tetto. I rustici principali: stalla, deposito, granaio sono quasi sempre incorporati nell’abitazione.
Elementi significativi sono logge e balconate in aggetto e portali d’ingresso generalmente ad arco, con o senza trabeazione. Il forno è elemento tipico: appare ovunque, conformato generalmente da un quarto di sfera di circa un metro di profondità.
I locali abitativi, oltre che tramite l’accesso diretto superiore, vengono raggiunti dai piani inferiori con scale interne. L’ambiente principale è costituito dalla cucina, dominata dal focolare, dalla quale si accede agli altri ambienti, generalmente costituiti dalle camere da letto. Il bagno come lo intendiamo oggi non esiste e il gabinetto, quando non è un casotto esterno, consiste di un vano aggettante con un foro sul pavimento dal quale defluiscono le deiezioni, successivamente raccolte e conferite alla buca del letame.
Al piano terreno lo spazio è notevolmente frazionato in minuscoli vani per gli animali delle diverse specie: bovini, suini, ovini, oltre alla cantina e alla legnaia.Gli edifici in esame
Descrizione
Il complesso di immobili in esame, sito nella frazione di Chiesabianca, è conformato in modo da formare una sorta di minuscolo borgo.
La località, distante 2.700 metri dal centro comunale, sorge a 745 metri di altitudine. Secondo i dati Istat alla data del 1° gennaio 2016 vi risultano residenti 8 abitanti, 2 maschi e 6 femmine di età compresa fra 15 e 59 anni, tutti di nazionalità italiana, costituenti nel complesso 4 nuclei familiari.L’abitato consta complessivamente di 30 edifici, 18 dei quali adibiti ad abitazione, 9 inutilizzati e 3 destinati ad uso produttivo connesso alle attività prevalenti svolte nella frazione: agricoltura e allevamento.
Chiesabianca non annovera edifici adibiti ad attività ricettiva, alberghiera o commerciale e non sono presenti edifici religiosi.
14 dei 18 edifici residenziali sono realizzati in muratura e 4 in legno, pietra locale ed altri materiali. Nel complesso 13 appaiono in buono stato e 5 in mediocri condizioni strutturali e manutentive.
Nella tabella sottostante gli edifici residenziali censiti per data di costruzione, numero di piani e di vani interni.Gli immobili in esame consistono in un complesso costituito da fabbricati abitativi con annesse dipendenze ad uso depositi e rimesse, in parte collabenti, ed aree agricole pertinenziali, situato a circa 6.000 metri dal centro dell’abitato di Bardi e raggiungibile tramite strada vicinale diramantesi dalla SP 28.
Consta dei fabbricati, non dotati di infrastrutture di urbanizzazione primaria, abitativi con annessi di servizio e terreni agricoli pertinenziali così censiti:
C.T. – foglio 20
particelle 55, 62, 65, 591, 615, 740, 743, 745, 747, 748, 749, 750
C.F. – foglio 20
particella 738 sub 2, 3, 4; particelle 741, 752, 753; particella 746 sub 1, 2 e confinante a partire da Nord e in senso orario con i mappali 51, 315, 56, 46, 779, 770, 286, 285 dello stesso foglio, strada comunale.
C.F. – foglio 20 (Porzione di fabbricato collabente)
particella 751, confinante a partire da Nord e in senso orario con mappale 50 dello stesso foglio, strada comunale, mappali 315 e 50 dello stesso foglio.
Gli edifici A, B, C, D presentano struttura portante in muratura di pietra di montagna, con fondazioni presumibilmente a cordolo di pietra o malta di calcestruzzo magro, la qualità architettonica è rurale e riflette i metodi costruttivi tipici del luogo e dell’epoca.
I fabbricati sono privi di ascensore e devono considerarsi non adattabili per la fruibilità da parte di persone con ridotte capacità motorie ai sensi della L. 13/1989.Edificio A (mapp 741)
L’edificio, unito a schiera sui lati Nord e Est ad altri fabbricati, è a pianta rettangolare elevato di due piani fuori terra più un sottotetto non abitabile con solai interpiano in laterocemento, copertura a struttura in legno e doppia orditura con manto superiore in tegole marsigliesi che hanno sostituito l’originaria copertura in pietra a lastre; elementi di lattoneria in rame, facciate in pietra a vista, aperture con architravi in cemento e alcune riquadrature in mattoni.
Nell’angolo Sud-Ovest è presente una tettoia sostenuta da piloni in legno, non rientrante in volumetria.
Appare in buono stato di conservazione poiché oggetto di successivi interventi di manutenzione nell’anno 1997 riguardanti manto di copertura, serramenti esterni, impianto idrosanitario e servizi igienici, pavimenti e, nell’anno 2003, impianto elettrico.
I locali interni sono disposti su due livelli non collegati internamente: al piano terreno due locali accessori (cantina e legnaia) accessibili da due portoni carrai in ferro; al piano rialzato, con accesso tramite scala esterna, l’ingresso diretto al locale soggiorno attraverso il quale si accede tramite disimpegno a cucina abitabile, due camere da letto singole ed un bagno completo di lavabo, vaso, bidet, piatto doccia in ceramica di qualità corrente.
L’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di circa 64 m2, i locali accessori al piano interrato presentano altezza interna di m 2,50 circa, quelli abitativi al piano rialzato hanno altezza utile di m 2,45 circa e risultano sufficientemente illuminati ed aerati.
L’abitazione è dotata di impianto idrosanitario di tipo tradizionale con tubazioni sottotraccia eseguito nel 1997 e impianto elettrico con cavi a vista lungo i muri: pur revisionato nell’anno 2003 è da risistemare con la posa di canalette a norme.
L’impianto di riscaldamento invernale consta di due stufe a legna al piano rialzato, con relative canne fumarie da verificare; nel bagno è installato un boiler elettrico da 90 litri per la produzione dell’acqua calda sanitaria.
Gli impianti sono privi della certificazione di conformità.
L’abitazione presenta pareti interne intonacate a calce e tinteggiate con idropittura, pavimenti interni (di qualità corrente) in piastrelle di marmiglia tranne che nel bagno (ceramica) e nella camera da letto a Sud (legno), serramenti esterni in legno con doppi vetri di recente installazione, chiusure esterne con scuretti a doghe di legno, porte interne in legno, porta d’ingresso in legno, bagno e cucina con pareti piastrellate.
Le finiture dei locali appaiono in discreto stato necessitando solo di qualche intervento di ordinaria manutenzione.
I locali di servizio al piano interrato presentano pavimento, pareti e solai con strutture al grezzo.Edificio B (mapp 738 sub 2)
L’edificio, unito a schiera su tre lati ad altri fabbricati, è a pianta rettangolare elevato di due piani fuori terra più un seminterrato, solai interpiano in laterocemento, copertura a struttura in legno a doppia orditura con manto superiore in tegole marsigliesi, elementi di lattoneria in rame, facciate in pietra a vista, aperture con architravi in legno.
Sul lato Nord sono presenti una tettoia in legno a copertura della scaletta d’ingresso e un forno in muratura,
Locali interni disposti su tre livelli di cui due collegati internamente, presentano al piano seminterrato locale accessorio (cantina) accessibile da portone ad ante in ferro, al piano rialzato con accesso tramite quattro gradini esterni l’ingresso diretto sul locale cucina-pranzo attraverso il quale si accede tramite disimpegno ad una camera singola e ad un piccolo bagno completo di lavabo, vaso, bidet, piatto doccia in ceramica di qualità corrente. Al piano primo, al quale si accede tramite scala interna, si trovano una camera da letto doppia ed un bagno completo di lavabo, vaso, piatto doccia in ceramica di qualità corrente.
L’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di 37 m2, i locali accessori al piano interrato presentano altezza interna di m 2,20, quelli ad uso abitativo m 2,50 e sono ben aerati e illuminati.
L’abitazione è dotata di impianto idrosanitario di tipo tradizionale con tubazioni sottotraccia eseguito nel 1997. L’impianto di riscaldamento invernale consta di una stufa a legna nel locale cucina-pranzo al piano rialzato, con relativa canna fumaria da verificare; non sono presenti impianti per la produzione di acqua calda sanitaria. Gli impianti sono privi della certificazione di conformità.
L’abitazione presenta pareti interne intonacate a calce e tinteggiate con idropittura, pavimenti interni (di qualità corrente) in piastrelle di marmiglia tranne che nei bagni ed al piano primo (ceramica), serramenti esterni in legno con doppi vetri di recente installazione, chiusure esterne con scuretti a doghe di legno, porte interne in legno, porta d’ingresso in legno, bagno e cucina con pareti piastrellate.
Le finiture dei locali appaiono in discreto stato necessitando solo di qualche intervento di ordinaria manutenzione.
I locali di servizio al piano interrato presentano pavimento, pareti e solai con strutture al grezzo.
Edificio C (mapp 738 sub 3, 4)
L’edificio, unito a schiera principalmente su due lati, è a pianta rettangolare elevato di tre piani fuori terra più un sottotetto non abitabile, solai interpiano in legno e copertura a struttura in legno a doppia orditura con manto superiore in lastre di arenaria grigia in parte crollate, elementi di lattoneria in acciaio, facciate in pietra a vista, aperture con alcune architravi in cemento.
L’edificio, la cui costruzione risale al XIX Secolo, è di qualità architettonica di tipo rustico e riflette i metodi costruttivi storici tipici del luogo e dell’epoca di realizzazione. Allo stato attuale appare in avanzato stato di degrado a causa della prolungata condizione di disuso ed abbandono. Di fatto è inagibile. Per il raggiungimento di uno standard abitativo normale è necessario prevedere una ristrutturazione completa del fabbricato, comprese le strutture di copertura, del solaio di piano e di tutti gli impianti e le finiture. La struttura portante muraria, tuttavia, appare in discreto stato e priva di evidenti lesioni.
Locali interni: disposti su tre livelli sono allo stato non definibili, l’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di circa 108 m2.
Non si rileva la presenza di impianti e le finiture originarie, completamente degradate, dovranno essere ricostruite.Edificio D (mapp 751)
L’edificio, unito a schiera ad altro fabbricato sul lato Ovest, è a pianta rettangolare elevato di due piani fuori terra più un sottotetto non abitabile, copertura a strutture in legno a doppia orditura con manto superiore in lastre di arenaria grigia in parte crollate, facciate in pietra a vista, aperture con architravi in legno.
L’edificio, la cui costruzione risale al XIX Secolo, è di qualità architettonica di tipo rustico e riflette i metodi costruttivi storici tipici del luogo e dell’epoca di realizzazione. Allo stato attuale appare in avanzato stato di degrado a causa della prolungata condizione di disuso ed abbandono. Di fatto è inagibile. Per il raggiungimento di uno standard abitativo normale è necessario prevedere una ristrutturazione completa del fabbricato, comprese le strutture di copertura, del solaio di piano e di tutti gli impianti e le finiture. La struttura portante muraria, tuttavia, appare in discreto stato e priva di evidenti lesioni.
Locali interni: disposti su due livelli sono allo stato non definibili, l’immobile si sviluppa su ciascun piano per una superficie lorda di circa 35 m2.
Non si rileva la presenza di impianti e le finiture originarie, completamente degradate, dovranno essere ricostruite.
Annesso E (mapp 752, 753)
Fabbricato pertinente di tipo rurale posto a ridosso dei fabbricati abitativi, costituito da un corpo rettangolare elevato di due piani fuori terra costruito in muratura di pietra di montagna e suddiviso in due corpi adiacenti, di cui quello verso Nord con altezza maggiore e con piccolo cortile di pertinenza, entrambi con copertura in legno a due falde e manto superiore in lastre di pietra.
Le strutture murarie del fabbricato, allo stato grezzo, appaiono in elevato grado di fatiscenza e abbandono, risultando parzialmente crollati il muro sul lato Est, la copertura ed il solaio interpiano. Il fabbricato occupa una superficie in pianta di circa 141 m2 e necessita di un intervento di ristrutturazione totale, essendo allo stato inagibile.Annesso F (mapp 746 sub 1, 2)
Fabbricato pertinenziale rustico ad uso stalla-fienile posto in vicinanza dei fabbricati abitativi, costituito da un corpo rettangolare elevato di due piani fuori terra costruito in muratura di mattoni sui resti di precedente edificio in pietra, con solaio interpiano in legno, copertura in legno a due falde e manto superiore in lastre ondulate di fibrocemento, conseguente ad un intervento successivo alla costruzione originaria risalente al XIX Secolo.
La struttura presenta due accessi indipendenti per le singole unità immobiliari, è allo stato grezzo e priva di finiture e impianti. Il fabbricato occupa una superficie in pianta di circa 123 m2.
A ridosso del fabbricato sono stati realizzati piccoli manufatti ad uso canile e pollaio senza autorizzazione edilizia, che dovranno essere rimossi.
Relativamente alla copertura in fibrocemento non sono state reperite dichiarazioni di controllo periodico obbligatorie ai sensi di legge e ad un sommario esame visivo il materiale si presenta intaccato e con segni di sfaldature: ai sensi della L. 27 marzo 1992 n.257 e secondo le disposizioni di cui al D.M. 6 settembre 1994 e successive modifiche la struttura dovrà perciò essere rimossa e bonificata a cura di impresa specializzata iscritta all’apposito Albo di cui all’Art. 10 D.L. 361/1987.
La tabella sottostante riporta la consistenza e l’indicazione delle superfici lorde delle unità immobiliari distinte per porzioni omogenee. Le misure dei fabbricati – che possono non coincidere con quanto indicato nelle schede catastali – sono ricavate da rilievi a vista.
Le aree dei terreni sono ricavate dai dati catastali.Caratteristiche urbanistiche e definizione del valore commerciale
I fabbricati appartengono come evidenziato ad un piccolissimo ed isolato nucleo rurale storico di montagna risalente ai primi anni del XIX Secolo posto fra le frazioni Bertonazzi e Brugnoli nel territorio comunale di Bardi. Costruiti come fabbricati rurali al servizio delle attività agricole, nell’ambito urbanistico comunale rientrano nei nuclei edificati di valore storico-testimoniale e storico-architettonico in ambito extraurbano.
In base al vigente PRG comunale (fabbricati all’interno del centro storico – A1 RUE Art. 3.2.2) la loro potenzialità edificatoria è soggetta alla specifica disciplina particolareggiata nelle categorie di intervento definite come restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione (RUE CT 06 Scheda 05).
I terreni, come indicato nel certificato di destinazione urbanistica, sono classificati dal PRG in parte in zona agricola normale E1 (RUE Art 3.2.19) ed in parte all’interno del centro storico A1.
Le zone agricole sono destinate all’esercizio dell’agricoltura e delle attività strettamente connesse. L’attuazione degli interventi edilizi in zona agricola, di tipo diretto, è riservata esclusivamente ai soggetti singoli o associati aventi la qualifica di imprenditori agricoli a titolo principale o al coltivatore diretto proprietario e al coltivatore diretto affittuario che dedica all’attività agricola almeno il 25% del tempo di lavoro complessivo e ricava da tale attività almeno il 25% del proprio reddito di lavoro.
Nel RUE locale sono inoltre previste specifiche norme che riguardano i limiti urbanistici di edificabilità delle zone agricole (Art 3.2.19) gli interventi per l’agriturismo (Art 3.2.24) e il recupero degli edifici non più funzionali all’attività agricola (Art 3.2.25).
La Zona A1 centro storico prevede destinazioni d’uso di tipo residenziale e ad esso riconducibile, alberghiero, commerciale e artigianale, nonché di tipo rurale e connesso all’attività agricola.
La disciplina particolareggiata per il centro storico determina nel dettaglio gli specifici interventi sui vari elementi architettonici dei fabbricati, in particolare per le categorie del restauro e risanamento conservativo e della ristrutturazione, che prevedono in generale la conservazione e la valorizzazione degli aspetti architettonici tradizionali del luogo.
Gli edifici in oggetto sono classificati con valore di interesse tipologico, escluso l’Annesso E, di valore storico-architettonico.
Tutti i terreni ed i fabbricati di cui al mapp 732 sub 2, mapp 741, 746 risultano allo stato occupati senza titolo da persona che ha dichiarato di dimorarvi a titolo gratuito non avendo contratti di affitto o diritti usufrutto; i restanti fabbricati, di fatto inagibili, sono abbandonati da diversi anni.
Nel criterio estimativo si è tenuto conto dei dati raccolti attraverso indagini sul mercato immobiliare locale. La valutazione dei beni è stata attuata secondo il metodo della stima sintetico-comparativa basata su immobili analoghi per dimensioni e tipologia adottando alcuni coefficienti correttivi di differenziazione dai valori medi determinati in base alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche degli immobili: tra questi la vetustà, lo stato di conservazione, la qualità architettonica, gli impianti di dotazione e la classificazione energetica, la distribuzione, la fruibilità e la salubrità degli spazi interni e l’inquadramento nell’ambito territoriale.
Considerando infine che i fabbricati non sono forniti di certificato di abitabilità o agibilità e parametrandone i coefficienti di prezzo ad una superficie commerciale complessiva di 168 m2. La tabella sottostante ne fornisce il valore estimativo tecnico.Possibilità di utilizzo
La proprietà verrà offerta all’asta il 18 gennaio 2017 ad un prezzo base di Euro 77.625,00 con scarse probabilità di essere assegnata. Si ritiene congruo ipotizzare che una trattativa a saldo e stralcio con l’ente creditore possa ridurne notevolmente il prezzo di realizzo.
Il complesso, una volta ristrutturato, si presta ad essere utilizzato come residenza per due, al massimo tre nuclei familiari che potrebbero scegliere la formula del cohousing relativamente alla definizione ed all’utilizzo degli spazi comuni.
La modesta estensione del terreno di proprietà può essere integrata con l’acquisizione in affitto, in comodato o eventualmente in acquisto di appezzamenti circostanti nella misura massima di tre ettari.
Non si consiglia l’impianto di un’attività agrituristica: la capacità ricettiva locale è sufficiente e lo scenario economico non è dei migliori.
Il complesso, oltre che per una funzione abitativa, può invece essere validamente utilizzato per la produzione, somministrazione e vendita di alimenti tipici del territorio e derivanti da flora e allevamento locali: prodotti, anche officinali e cosmetici, a base di erbe spontanee, miele, conserve, latticini. Lo svolgimento dell’attività presuppone naturalmente l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni di legge.
Alberto C. Steiner